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Zero Dark Thirty

Regia di Kathryn Bigelow vedi scheda film

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La recensione su Zero Dark Thirty

di alan smithee
8 stelle

Il duo "B.B." (Bigelow/Boal-regista/sceneggiatore) tosto e affiatato, pluripremiato e celebrato in "The Hurt locker" torna, più tenace ed impegnato che mai in un film che continua a raccontarci storie vere a sfondo bellico, in questo caso ancora più calate nella realtà dei fatti perché, come tutti ormai sappiamo, la pellicola narra le lunghe estenuanti ricerche ed indagini per stanare il ricercato numero uno al mondo, ovvero quel Bin Laden efferato responsabile del massacro che conseguì ai dirottamenti aerei dell'11 settembre 2001, causando la morte  di tutte quelle migliaia di civili statunitensi in quella tragica mattina di fine estate newyorkese.
Dunque una base ancora più reale del precedente film, che invece, sullo sfondo della guerra in Iraq, si stringeva attorno alle vicende drammatiche ma più romanzate di un gruppo di sminatori alle prese con le situazioni più rischiose e le tensioni più a fior di pelle, conseguenze di uno scontro sanguinoso irrefrenabile e apparentemente senza soluzione.
Qui la regista, che si sforza di mantenere un taglio quasi documentaristico e per nulla (almeno nella prima parte) emotivamente adrenalinico, intende documentarci la estenuante ricerca dello spietato leader dei talebani da parte di una ristretta e segretissima squadra di agenti della Cia, che si muovono nella più isolata clandestinità e segretezza, trasferendosi in luoghi segreti e inaccessibili, sfruttando tecniche anche molto poco ortodosse come la tortura per cercare di tirar fuori a chi sa (o si ritiene che sappia, magari non sempre a ragione) la verità su dove si celi il terribile spietato terrorista. 
Molto presto la vicenda, che specie all'inizio non può non ricordare (e inesorabilemente risultarne debitrice) l'ineguagliato capolavoro depalmiano "Redacted", mette in luce la figura, dapprima incerta, troppo sensibile ed insicura, poi decisamente più ambientata, sicura di sé e determinata di Maya.
Una giovane agente donna che si trova catapultata in una operazione di immani proporzioni e priorità, dalla quale dipendono seriamente le sorti degli equilibri e della pace a livello mondiale e proprio per questo sproporzionata, almeno in apparenza, rispetto alla struttura (fisica ed emotiva) fragile di una donna esile e apparentemente indifesa, poco marziale e molto (troppo) umana per affrontare la sporca storia del più irriducibile terrore del mondo occidentale. 
Ed è tragicamente vero e credibile come la strenua ed incalzante ricerca di una soluzione ad un pericolo così sentito a tutti i livelli da chi ancora si sforza di credere nella possibilità di un mondo che possa tornare un pò più in pace con se stesso, più in armonia nella convivenza tra le differenti "tribù" che lo popolano, si scontri con le ragioni umanitarie che, almeno per l'Occidente che conosciamo ed abitiamo, diamo comunemente per scontate. Ma che invece qui nel film vediamo messe da parte in nome della ricerca di una soluzione ad un pericolo che ha davvero messo alle strette l'America e i suoi alleati europei. 
Assistiamo dunque ad interrogatori che sfociano nella tortura più barbara e devastante, una pratica che segna la coscienza di una Maya inizialmente ancora troppo giovane ed impreparata per un ruolo così impegnativo a cui in realtà non c'e' esperienza che tenga per farti abituare all'orrore di una estorsione che oltrepassa i limiti delle basi civili più comunemente condivise.
La caccia al criminale numero uno è però anche e soprattutto la ricerca di piste impegnative e e tortuose che durano anni e anni, comportano astuzia ma anche tanto lavoro burocratico, ricerche affannose ed elaborate, certamente poco esaltanti e davvero molto poco cinematografiche, ma che tuttavia non impauriscono né regista né sceneggiatore, tanto da venir coraggiosamente inserite in tutta la loro pesantezza e minuziosa completezza. Per questo il film, inevitabilmente, in almeno metà del suo svolgimento, appare così poco appassionante, così freddo e lucido quando ognuno di noi avrebbe bisogno in quel momento di una svolta narrativa anche forzata e un po' inverosimile, ma che ci aiuti a compiacere almeno un po' il lato squisitamente romanzesco che caratterizza il nostro gusto visivo. Ma la tosta regista Bigelow non cede alle facili tentazioni per il semplice comprensibile  desiderio di dare un contentino a chi puo' determinare il suo trionfo o il suo oblio, e per questo procede imperterrita nel suo stile realistico e per nulla conciliante, arrivando senza concessione alcuna sino alla tanto agognata azione finale, quella della notte dell'agguato finale, durante quella mezzanotte ormai trascorsa, dopo la quale il mondo intero tornò a poter sperare in un ripristino di un equilibrio che sembrava ormai compromesso per sempre.
A quel punto ritroviamo la Bigelow adrenalinica e dal gran ritmo che abbiamo imparato a conoscere a partire dalla fine degli anni '80. Un'azione concitata che impegna la pellicola per tutta una ultima fantastica ora che ti incolla allo schermo facendoti dimenticare le fatiche della prima ora e mezza; una lunghissima scena di tattica militare girata con un ritmo ed una maestria da lasciare stupefatti per come realismo e tattica militare sono ricostruiti con uno stile marziale da una donna che sembra non abbia fatto altro nella vita che guidare e comandare plotoni e studiare tattiche di guerriglia militare. 
E se la figura di Bin Laden la si umilia non degnandola neppure di una concessione ad una veloce piena raffigurazione, se non per una velocissima paroramica su un corpo che appare inerte come qualunque altro dopo essere stato trucidato, un pezzo di volto contornato di una generica barba grigia - in chiusura il film si concentra nuovamente sul bel volto di una rossa meravigliosa Jessica Chastain che arriva in quel momento a meritarsi l'Oscar: nel momento in cui, sola sull'aereo militare che la riporterà a casa, si lascia andare ad un pianto che sembra liberatorio, ma che probabilmente invece riflette la tragica consapevolezza di come è orrendo questo schifoso mondo degli uomini, di come e' ingiusto e di come non riesca proprio ad imparare nulla dagli errori e dalle barbarie del passato, producendone sempre di nuove e più efferate.

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