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Gli equilibristi

Regia di Ivano De Matteo vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Gli equilibristi

di alan smithee
6 stelle

L'esercizio circense di equilibrismo e' quello metaforico, ma anche tanto reale, che esegue un impiegato statale di nome Giulio il giorno che il suo matrimonio, da tempo in crisi a causa di una sua tresca di qualche tempo prima con una bella e giovane collega, si sfascia definitivamente. E tra l'altro il problema non e' tanto (o solo) quello degli affetti, dei figli, come sempre vittime innocenti, quanto quello di essere in grado di sostenere economicamente una decisione gia' di per se' cosi' dolorosa. "Il divorzio e' roba da ricchi" sentenzia un malcapitato che sta ancor peggio del protagonista, che almeno lavora, si industria persino in una seconda occupazione per pagarsi una pensioncina squallida vicino alla stazione, visto che una seconda casa e' un costo improponibile per un semplice impiegato. Poi subentrano le scadenze degli impegni presi in precedenza (mutuo, rata della macchina, bollette, figli da crescere e far studiare) ed entrare nella fascia della poverta' e dell'indigenza e' un attimo.
Il film di De Matteo, di argomento simile a quell'Hotel Paura con Castellitto di parecchi anni orsono, tocca temi drammaticamente attuali, ancor piu' in questi anni di crisi inarrestabile. Il film ha il pregio di non perdersi a raccontarci troppo della genesi di una crisi, perche' quello che importa al regista e' analizzare le problematiche materiali di una crisi esistenziale e sentimentale che degenera in un crollo fisico e materiale in cui un uomo qualunque, perso ogni livello di dignita', arriva a muoversi come un automa fino a cercare una soluzione drastica e definitiva, spiazzante.
Per fortuna Mastandrea e' un gigante, forse il migliore dei quarantenni attori nostrani, e supporta il film e una regia non certo sfavillante nei momenti di stasi in cui, per situazioni o sviluppo di personaggi di contorno (figli e fidanzato della figlia in testa) rischia di scivolare nei cliché televisivi piu' scontati.
E se l'ultima scena di una telefonata inaspettata che cambia un espressione tra l'attonito e lo stranito del protagonista, forse si doveva evitare per non incorrere nel tentativo di un happy end pericoloso (pur se per nulla garantito), l'inquadratura appena precedente di un Mastandrea incredulo e sconvolto dopo un tentativo di risoluzione definitivo dei problemi, raggiunge livelli di intensita' che non possono non scuotere le nostre sensibilità di spettatori ed esseri umani a cui un incubo di un viaggio negli inferi della poverta' piu' assoluta non potrebbe affatto risultare cosi' impossibile da piombarci addosso, spietato e destabilizzante.

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