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Riddick

Regia di David Twohy vedi scheda film

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La recensione su Riddick

di amandagriss
6 stelle

Il mito di Riddick risorge dalle sue ceneri. Dopo quasi 10 anni di silenzio David Twohy riprende in mano la sua creatura errante per galassie parallele e la riporta al grado 0° o quasi, regalandole un rientro in grande spolvero capace di esaltarne ed enfatizzarne (a più riprese) la gagliarda tempra di un tempo. Il nostro (anti)eroe solitario, anarchico guerriero in costante lotta per la sopravvivenza, eterno girovago inquieto che ha preferito il piacere del peregrinar vagabondo a quelli materiali e carnali offerti da un approdo stabile e sicuro, è finalmente tornato. Tutto suo è il lungo magistrale inizio in cui il “maledetto selvaggio”, morto talmente tante volte da aver perso il conto, avaro di parole che compensa con una sorprendente espressività facciale, ci rivela il suo stato fisico (e mentale) piagato: temporaneamente civilizzatosi (e quindi resosi vulnerabile) attraverserà un necessario indescrivibile dolore per riscoprirsi ancora vivo e rimettersi in sesto, lucidare la sua armatura, risvegliare l’istinto ferino primordiale, acuire i sensi, farsi di nuovo (e più) forte di prima e dichiarare guerra alla landa desertica dei colori del fuoco in cui è piombato. E vincere su questo ribollente girone infernale senza nome, arido, roccioso, truce come la smorfia che si ritrova stampata sul volto ferito, pieno zeppo di insidie sottoforma di mostruose creature letali attanaglianti a cui non servono gli occhi per stanare le prede e finirle indisturbate. I lucidi pensieri del nostro granitico uomo con la ‘luccicanza’ negli occhi si fanno suadente voce fuori campo (come quella dei classici noir in bianco e nero) e dispensano gustose perle di saggezza-saggia veramente vissuta, attraversata da una sottile vena d’ironia contagiosa che non può non farcelo piacere, lui che in fondo è una spietata simpatica canaglia che mai, però, vorremmo incontrare sul nostro cammino e tantomeno farcelo nemico. Perché i suoi giorni no, quelli “no storici”, sono tornati ancora una volta, sembrano quasi seguirlo a ruota, e, di certo, non svaniranno in fretta e senza la giusta dose di danni…….
Alquanto affascinante la confezione di questo terzo capitolo iniziato splendidamente con Pitch Black -capolavoro del b movie sci-fi impreziosito da venature horror- che tanto bene ha inaugurato gli anni zero. Molto buono, infatti, il lavoro realizzato al fine di rendere compatibile il digitale col caro vecchio artigianato (o viceversa), riuscendo nella non facile impresa di far coesistere, senza troppe forzature, entrambi gli elementi fino a fonderli armoniosamente in un tutt’uno; così può dirsi scongiurato il pericolo dell’effetto prevaricante e soffocante, e altresì fortemente fittizio, del primo sul pur sempre efficace, valido ‘realistico’ del secondo. ‘Inverosimile verosimiglianza’, dunque, in cui è calata con agilità la nostra storia, dove sentiamo tutto il peso della fatica, delle armi, delle mazzate date e ricevute, dove ci viene restituita intatta la sensazione del ferro freddo e robusto del container/rifugio con le sue spesse grate-finestre, delle spaventose trappole a morso che non conoscono pietà, delle massicce batterie salvavita indispensabili per far ripartire le astronavi e fuggire da quel luogo dimenticato da cui Dio stesso si è chiamato fuori. Ciò che rende assai godibile questo tipo di pellicole di genere è la necessaria carrellata dei personaggi secondari, quelli che fanno da contorno e supporto al protagonista, alimentandone lo splendore [qui Riddick/Diesel è smagliante icona di se stesso, si crogiola divertito e soddisfatto nel suo ruolo], i quali, se scelti in maniera adeguata e ben caratterizzati, possono decretare il successo di un’opera tanto quanto la storia e la sua messa in scena. E la pellicola è forte anche in questo senso. Facce e stazze giuste (si annovera la presenza del wrestler Dave Bautista, già visto ne L’uomo dai pugni di ferro) della medesima razza bastarda cui appartengono i mercenari, agli antipodi: da un estremo la ‘teppaglia’ della categoria, quelli dal grilletto facile e senza uno straccio di deontologia da rispettare figuriamoci da onorare, dall’altro i ‘professionisti’, quelli ben vestiti e ben equipaggiati e meglio organizzati, cui spicca una donna, coriacea e coraggiosa, mascolina nei modi e meno nell’aspetto ma tanto femmina nel dna. Una spanna su tutti troneggia, unico e solo, lui, Santana, incarnazione della feccia umana, turpe criminale al pari del nostro Riddick, eppure capace di muovere alla simpatia più tenera. A lui l’onore delle battute migliori e della dipartita più spettacolare.           Riddick è puro divertimento di buona levatura, rinfranca l’animo, riassesta la mente ricordandoci che il cinema è anche questo e, nelle mani giuste e con la giusta ispirazione, sa diventare uno straordinario strumento/giocattolo per tenere in esercizio la fantasia e a briglia sciolta l’immaginazione.            
3 stellette 1/2
                                                                              

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