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Walesa - L'uomo della speranza

Regia di Andrzej Wajda vedi scheda film

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La recensione su Walesa - L'uomo della speranza

di nickoftime
6 stelle
Senza paura di essere smentiti lo si potrebbe definire un eroe del nostro tempo: Lech Walesa leader di solidarnosc, il movimento dei lavoratori che nella Polonia degli anni 70 si ribellò alla precarietà sociale e economica imposta dalla “dittatura” del governo filo sovietico, ha tutte le caratteristiche per meritarsi il titolo. Per affermarlo si potrebbe fare il confronto tra la grandezza di una visione, capace di immaginare un paese  finalmente libero da ingerenze esterne (in un paese storicamente abituato al contrario) con la minorità dei suoi presupposti: pensiamo non solo alle origini del futuro leader, impiegato presso il cantiere navale di Danzica in qualità di elettricista, ma anche alla fragilità dell’organizzazione sindacale di cui sarebbe diventato promotore, indebolita dalla frammentazione interna, e schiacciata dalle minacce del regime. Eppure a partire dal frammento di quotidiano che nelle prime immagini del film ce lo mostrano a fianco dei compagni di lavoro, picchiati e poi arrestati per aver manifestato il proprio dissenso nei confronti dello status quo, l’importanza di Walesa e del suo progetto sono destinati a crescere, diventando inarrestabili. Partendo dall’anonimato delle prime riunioni sindacali, e descrivendo i tentativi di trasformare la coscienza di classe in uno strumento d’azione , “Walesa- L’uomo della speranza” racconta l’evoluzione di una personalità capace di convogliare e realizzare le speranze di un intero paese, ripercorrendola attraverso le vicende pubbliche e private del suo protagonista. A emergere è il carisma del grande comunicatore ma anche la coerenza di una vita vissuta in prima linea, tra scaltrezza, senso pratico e una profonda compresione dell’animo umano.
 

Diretto da Andrzej Waida, regista di riferimento del cinema polacco – ancor prima di Krzysztof Zanussi e Krzysztof Kie?lowski – e autore di lungometraggi come “L’uomo di marmo” (1977) e “L’uomo di ferro” (1981) che si facevano portavoce dei fermenti di una nazione giunta al punto di non ritorno, “Lech Walesa- L’uomo della speranza” è un biopic che non ha l’ambizione di riscrivere la Storia ma di raccontarla a chi, all’epoca dei fatti, non era ancora nato. In questo senso si spiega l’utilizzo di un escamotage tanto scontato – il film è costruito sull’intervista rilasciata da Walesa a Oriana Fallaci, interpretata da un ottima Maria Rosaria Omaggio – quanto efficace nel rileggere i fatti a posteriori, e da una prospettiva che consente al regista di sottolineare – mediante i commenti dei due interlocutori – i passaggi più salienti di quel resoconto. Come pure il fatto di attualizzare il personaggio, accompagnandolo con una pulp musicale che fa di Walesa un (rock)star per tutte le stagioni: ora appassionata e fuori dagli schemi quando si tratta di mettere in scena la rivoluzione (parliamo della “solidarietà” d’intenti che da lì in poi accomunerà le organizzazioni sindacali sparse sul territorio), ora divertente e persino scanzonata, quando è chiamata a conciliare le responsabilità famigliari con le conseguenze dell’attività sindacale; come testimonia la sequenza in cui seguiamo le vicissitudini del protagonista impegnato a fare il mammo all’interno della cella dov’è detenuto insieme al figlioletto, oppure nel modo con cui Wajda sottolinea la tendenza del personaggio a non farsi distrarre dagli attestati di stima che gli giungono da una parte all’altra del mondo. Accattivante e di facile fruizione, il film offre un ritratto edulcorato dell’establishment locale (manca ad esempio il riferimento all’omicidio di padre Popieluzsko, figura di spicco della chiesa polacca, e fermo oppositore del regime), ritratto in maniera kafkiana e finanche empatica nei confronti della loro vittima. A restare è soprattutto un modello di integrità politica e morale che non trova corrispettivi nella contemporaneità del tempo presente.

(dreamingcinema.it)

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