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The Paperboy

Regia di Lee Daniels vedi scheda film

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Enrique

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La recensione su The Paperboy

di Enrique
5 stelle

In una Florida torrida, immersa nell’ ocra desaturato di un passato che (nel film) non si fa mai compiangere (poco alla volta - del tutto comprensibilmente - si capisce il perché) una strana stepfamily è, per professione collettiva, sulle tracce di ogni possibile scoop (anche quando il prezzo di questo è costituito dal pubblico ludibrio)… ma il dramma è sempre in agguato, nella palude.

Una “palude” che copre una superficie ben più estesa di quella indicata sulle tradizionali cartine geografiche…

http://www.designscene.net/wp-content/gallery/112012/the-paperboy-gillian-laub-w-magazine-04.jpg

 

Da quella dove sguazza un avanzo di galera niente male (il bravissimo J.Cusack) al territorio “marcato” dalla sua scandalosa, procace spasimante (tanto, del primo, inspiegabilmente infatuata che quasi non la si compatisce per come va a finire). Ma anche il giovane protagonista (il sornione Jack/Z.Efron) ci mette del suo, atteso che, orfano di madre (invero semplicemente scappata all’ovest) pensa bene di rimpiazzarla nelle allusioni rivolte, dapprima, alla comprensiva, materna colf di colore (la cui voce pacata rievoca la vicenda descritta) e, poi, proprio nelle insistenti fantasie (e non solo in quelle) della sventola (di cui sopra) giunta dalla città per spezzare la routine della vita moderna (con un vero gentleman incappato - accidentalmente? - nelle cieche maglie della giustizia). Ma, almeno, il suo - sembra volerci dire lo sceneggiatore - è meno che un peccato veniale (in quanto non ultima delle vittime del notorio complesso edipico). Anche perché con una Kidman così…

Nicole Kidman

The Paperboy (2012): Nicole Kidman

Orbene, The Paperboy è un thriller-noir limaccioso ed angusto, che incuriosisce per l’ardore e la ruvidezza con cui miscela impegno civile e rottura dei tabù, la denuncia del lato oscuro dell’animo umano e quello del settore editoriale, il progressismo di vedute degli uomini del sud (!!) e gli strascichi della questione razziale (ad es. nelle parole sgraziate delle donne del nord). Mentre finanche l’omosessualità latente, pur ripresa con un certo distacco, porta in dote un bel carico di complicazioni e sussulti di riflessione.

L.Daniels, così, sfrutta come può una sceneggiatura fatta di alti e bassi, di provocazioni e autocompiacimento, di atmosfere rarefatte e pesanti al contempo, di squallore ed intermezzi che dilatano sensazioni di repulsione e straniamento.

 

Un film, in conclusione, non del tutto riuscito (nel suo tentativo ambizioso di amalgamare tanti e tali opposti), ma anche capace, nel compenso, di far emergere l’abiezione senza farla apparire (almeno, nel complesso) così opprimente ed insopportabile.

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