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The Master

Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film

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La recensione su The Master

di Spaggy
8 stelle

La fine della Seconda guerra mondiale permette a Freddie Quell di smettere di uccidere nemici e di avere amplessi immaginari con donne di sabbia. Il conflitto non ha devastato solo terre, popoli ed equilibri mondiali, ha soprattutto divorato la ragione degli uomini. E la ragione di Freddie, ormai in balia della violenza e dell'alcol, sembra riconoscere un solo bisogno: il soddisfacimento dei propri bisogni animali. Come una bestia, ha bisogno di mangiare, bere e soprattutto fare sesso: alla prima visita dallo psicologo militare, Quell fa capire cosa al momento lo ossessiona: il bisogno di un corpo femminile dentro cui perdersi più che il calore di un abbracio.
La guerra ha disilluso ogni sua aspettativa sul futuro, l'unico porto sicuro in cui vorrebbe approdare è casa della fidanzatina Doris, lasciata poco prima con la speranza di tornare presto a riprenderla e sposarla.

Il ritorno alla normalità però prende la piega dell'odissea, del processo di formazione mancatogli per colpa di un padre morto e una madre pazza. Il dubbio che anche Freddie sia pazzo attanaglia più volte lo spettatore fino a quando ci si rende conto di avere di fronte un bambino cresciuto troppo in fretta, senza gli insegnamenti di un maestro di vita e senza le indicazioni di qualcuno veramente interessato a lui.
La dipendenza dall'alcol e l'istinto di sopravvivenza, che spingono Freddie alla rissa e alla violenza, lo mettono in fuga da un posto all'altro fino a quando sul suo cammino non incontra casualmente la Causa, il movimento fondato dal dottore - senza laura - Lancaster Dredd. In un rapporto di interdipendenza reciproca, Freddie comincia a guardarsi dentro, a chiudere gli occhi e a "ricordare le vite precedenti" confrontandosi con se stesso e imparando a camminare da solo.

The Master di Anderson non è un film su Scientology. Semmai, è un'opera celebrale che si interroga sulla caducità del sistema americano e sul rapporto tra l'uomo e Dio, costruendo un percorso che procede per elementi dicotomici, grandezza della recitazione, campi e controcampi alternati in una fotografia che imbriglia l'immaginazione. Concentrato di elevata professionalità attoriale e regia attenta - ma troppo concentrata su di sé per ricercare nuove vie dello sviluppo narrativo -, The Master ci presenta almeno un paio di elementi su cui riflettere.

Anderson costruisce la sua storia raccontando di un uomo che per raggiungere l'indipendenza ha bisogno prima di dipendere da un "Signore". Che sia in cielo o che sia in terra non fa differenza: Lancaster, con la sola parola, affabula, raduna fedeli, rischia la derisione e non ammette contraddizione per i suoi dogma. Novello Cristo del XX secolo, ha sposato la sua Causa e la porta ad espandersi, scrivendo libri, praticando terapie psicoanalitiche sui propri "adepti" e cercando approvazione. Non ammette che si metta in dubbio il suo credo e non ammette che il suo popolo ne abbia: affidandosi prima alla memoria e poi all'immaginazione, seduce i seguaci, li prende per mano e li porta sul letto delle sue teorie. Talvolta li violenta, li spinge faccia al muro e fa loro male: serve al loro bene. E il suo metodo trova conferme nell'evoluzione di Freddie: da bestia feroce ad animale ammaestrato. Animale ammaestrato che ritrova il proprio istinto nel momento in cui viene messo di fronte alla perdita di ciò che ha di più caro. La pedina, l'oggetto di studio e il caso umano scelgono di riprendersi la vita in mano e rompere quel legame di interdipendenza che allievo e maestro avevano instaurato. Se per Freddie Lancaster è un pigmalione, per Lancaster Freddie è quel vento di sfida a cui non può rinunciare, l'appiglio a cui aggrapparsi per sentirsi vivo, il lato selvaggio da riscoprire pur nascondendosi da tutti. Due uomini che si incontrano e scontrano ma che in quel momento delle loro esistenze hanno l'uno bisogno dell'altro: entrambi sono fantasmi, due frutti del fallimento del sogno americano.

L'immanenza del qui e ora di Freddie poco concilia con la supponenza del là e dopo di Lancaster. Vivere alla giornata non è ammissibile per chi come Lancaster pianifica l'esigenza di un futuro sicuro e controllabile, avallato soprattutto dai diktat di Kim, l'ultima delle sue moglie e vero deus ex machina. Se le donne di Freddie sono utopiche, irraggiungibili, assenti o corpi da possedere, l'unica donna di Lancaster è Kim, colei che gli tiene testa e in gran segreto decide per conto suo. è lei che valuta come la Causa e i suoi metodi debbano progredire, è lei che senza esitazione suggerisce, pianifica e arriva ad imporre.
Nel costruire la storia, Anderson oppone il ristretto e claustrofobico labirinto della mente agli sterminati e aperti spazi fisici - isole tropicali, oceani e praterie -, così come oppone il chiuso in cui si svolgono le attività della Causa all'apertura degli orizzonti che la stessa richiede.

Decisamente caricato di aspettative alla vigilia, The Master è come il compito in classe eseguito dall'alunno più bravo: sai cosa ti aspetti dall'inizio alla fine. Mai qualcosa che sorprenda o stupisca. E nel dramma quasi da camera che rappresenta a brillare sono soprattutto gli attori: il guru Philip Seymour Hoffman, l'adepto Joaquin Phoenix e la sempre più brava Amy Adams.

Voto: 8.

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