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Vita di Pi

Regia di Ang Lee vedi scheda film

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La recensione su Vita di Pi

di alan smithee
8 stelle

Cineasta senza patria o cittadino del mondo, il grande e pluripremiato regista Ang Lee non riesce, almeno sulla carta, più a stupirci ormai quando veniamo a sapere dai giornali - mesi addietro - delle mille peripezie affrontate per girare un mirabolante film d'avventura, naufragi, amore, morte e sentimento, in un ridondante e coloratissimo stile Bollywood che è giustificato pure dall'ambientazione indiana, terra d'origine della storia e del suo giovane protagonista.
Non più dopo che abbiamo visto districarsi questo poliedrico cineata (per citare solo alcuni esempi più eclatanti) con la medesima disinvoltura nel perfetto, calligrafico ed "ivoryano" adattamento del celebre romanzo di Jane Austen "Ragione e sentimento"; così come ci e' sembrato perfettamente a suo agio nel rappresentare il desolante grande freddo in cui è piombata una grossa fetta della annoiata borghesia americana anni '70 nell'introspettivo, libertino e spigoloso, "Tempesta di ghiaccio"; così come ci ha sorpreso nel Marvel movie più bello e riuscito: quello di un Hulk che trova il suo lato più umano e struggente nella incontrollata mostruosità che lo affligge nel momento in cui prova un'emozione.
Per non parlare della limpida struggente rappresentazione di un sentimento così intenso e naturale ma necessariamente represso e proprio per questo devastante come quella provato dai protagonisti di Brokeback Mountain, o della maestria con cui lo stesso cineasta ha saputo affrontare il genere wuxiapian nel film culto che ha contribuito più di ogni altro a far rinascere un genere, ossia il rutilante "La tigre e il dragone".
E a proposito di felini, ecco questo coloratissimo concentrato di emozioni forti e colori densi, diario pregno di eccessi visivi ed eventi straordinari che testimoniano le tappe di un viaggio drammatico e di un epopea della sopravvivenza e della formazione fisica, morale e spirituale dalle svariate chiavi di lettura. L'odissea di Piscine Patel, detto Pi per sua stessa scelta in modo da evitare facili derisioni ed allusioni, è la fase culminante di una prova decisiva a cui viene sottoposto dal destino, da uno dei suoi tre "Dio" che popolano le tre differenti religioni che ha scelto di professare contemporaneamente (induismo per nascita, cattolicesimo e fede musulmana per libera scelta), ma anche dalla sua fervida illimitata immaginazione ed intelligenza.
"La storia di una vita è spesso segnata solo da grandi separazioni" ci rivela Pi ad un certo punto del film. "O Dio mi hai portato via tutto dalla vita! Cosa vuoi ancora da me" urla ancora il giovane al sopraggiungere di una ulteriore tempesta mentre con la barca e il suo scomodo riottoso compagno felino si appresta ad affrontare un nuovo mare in burrasca tutt'altro che rassicurante. Quando tutto sembra perduto e nulla sembra più in grado di essere portato in salvo, saranno gli individui apparentemente più pericolosi ed inaffidabili a diventare coloro che ti aiuteranno a sopravvivere: siano essi una enorme e selvaggia tigre del Bengala idrofoba dallo spavento e dalla fame, o invece più banalmente un solo più apparentemente innocuo cuoco francese, magari irascibile e vendicativo.
Perché in fondo il film di Ang Lee, e certamente pure il romanzo da cui è stato tratto, cercano di spiegarci innanzi tutto che le peripezie della vita dalle quali riesci inaspettatamente a trasformarti in un uomo migliore di prima, spesso non sono storie così belle e fantasmagoriche come quelle che a ognuno di noi piacerebbe ci venissero raccontate: tuttavia entrambe le versioni, quella colorata ed impossibile e quella più verosimile e realista, racchiudono in sé elementi straordinari che consentono a chi riesce a superarle di poterne uscire come un uomo migliore e più formato di prima.
Al di là di queste interpretazioni, "Vita di Pi" si fa amare anche da un pubblico più giovane per le fantastiche e drammatiche peripezie che vedono dapprima fronteggiarsi, poi allearsi per la sopravvivenza, due esseri viventi che per natura non potrebbero convivere assieme nella pace, tantomeno quando sono costretti ad una convivenza forzata in una scialuppa di salvataggio nel bel mezzo dell'Oceano (tutt'altro che) Pacifico in seguito ad un naufragio. Istinto di sopravvivenza animale contro l'intelligenza umana che soccorre soprattutto nei momenti più decisivi l'essere pensante, quello dei due decisamente più indifeso e destinato a soccombere.
Bellezza e perfezione felina, potenza, splendore e forza incontrollata della natura che non possono che confutare l'ipotesi che tutto il creato abbia una sua ragione preordinata e dunque divina alla quale credere e obbedire e non sia tutto solo frutto di un caos fortuito ed eventuale.
C'é tanto e c'é sin troppo nell'ambizioso film del regista premio Oscar Ang Lee. Ma c'e' soprattutto la forza di saper raccontare, di emozionare, di voler rappresentare senza freni inibitori, arrivando sino ad edulcorare, falsare, mitizzare storie di ordinaria o straordinaria sopravvivenza che tuttavia grazie al colore e all'eccesso diventano lo strumento più efficace per trarne il giusto insegnamento: come in una favola mozzafiato e kitch, come in una parabola con intenti pedagogici; come in un film. Certamente un bel film.

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