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La leggenda del cacciatore di vampiri

Regia di Timur Bekmambetov vedi scheda film

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La recensione su La leggenda del cacciatore di vampiri

di fixer
6 stelle

 

 

 

Su due cose non si può scherzare negli Stati Uniti: su Lincoln e sul baseball.

Dato che in questo film non si parla di sport e poiché non abbiamo nessuna intenzione di scherzare sul presidente (e perché poi?), è ovvio spendere due parole sullo stranissimo mix fra horror-movie e history-movie (forse il primo esempio di un certo livello).

Stranissimo, come ad esempio spruzzare del parmigiano su un crème caramel o indossare un paio di ciabatte con lo smoking.

Ma non sempre ciò che è strano è per forza da buttare. Anni fa (era il 1981), un regista mai veramente convincente, come Ulu Grosbard, diresse un altro mix e cioè una storia che in realtà erano due: un classico poliziesco che si allacciava con una denuncia della corruzione esistente nella Chiesa cattolica americana tra gli anni ’40 e ’50.

L’esito a me non dispiacque, anche se mi rendevo conto che, invece di uno, avevo visto due mezzi film discreti.

E’ quasi la stessa impressione che ho tratto dopo aver visto questo film.

Sarà che non sopporto la saga vampiresca che francamente ha stufato tutti, ma francamente vedere un giovane Lincoln che ammazza a colpi d’ascia dei vampiri, prima di diventare il presidente più amato d’America, è un po’ troppo.

Ho detto quasi, perché la mia non più giovane età mi vieta di appassionarmi a vampiri sia buoni sia cattivi, ancorato come sono alla cruda e dura realtà e abituato ai vampiri di Dreyer, di Coppola e di Herzog che erano ben altro.

Né mi appassiono agli effettacci cruenti, a teste mozzate, a volti normali che si trasformano in orrende creature del male.

La potenza e la fantasia visive del regista (il kazako Timur Bakmametov) e del suo produttore (Tim Burton) riescono però a offrire momenti di alta spettacolarità (le scene dell’inseguimento sopra i cavalli è notevole).

Soffermarsi solo sulla parte storica, a mio avviso solo accennata e costruita tenendo ben presenti i film diretti finora, rischia di diventare una critica zoppa.

Per come il film è concepito, infatti, si tratta soprattutto di una storia di vampiri che si incrociano, ad un certo punto, con la Storia. Vampiri e Storia sono di per sé incompatibili e quindi più che un vero e proprio film dovremmo parlare di scommessa.

Una scommessa per buona parte persa e molte risorse sprecate.

Tentare come ha fatto qualcuno una possibile via esegetica che passa per la metafora Vampiri= Uomini malvagi, potrebbe essere, di primo acchito, suggestiva, ma presto ci renderemmo conto della poca sostenibilità.

In effetti, il Male, dopo la vittoria di Lincoln e dell’Unione, non è stato per niente sradicato da quel Paese, come lo stesso presidente ebbe modo di toccare con mano poco tempo dopo.

Se però intendiamo la lotta di Lincoln come quella contro i mali della nostra società (rappresentati per semplicità dai vampiri) e se, soprattutto, teniamo presente la migliore frase di tutto il film e cioè “I vampiri non sono l’unica cosa che vivrà per sempre!”, forse riusciamo a vedere un barlume di luce nel tunnel.

Il Male può essere rappresentato come si vuole, sotto forma di serial killers, di vampiri o di insospettabili travet o paciosi e facoltosi uomini d’affari, ma il risultato è lo stesso. E’ la figura di Lincoln qui a imprimere una profonda impronta morale che dà sostanza e introduce un tocco di credibilità a un film altrimenti avviato a un’ingloriosa stroncatura di critica e di pubblico.

Tuttavia il peso eccessivo del regista dato alla lotta e alla figura dei vampiri, indebolisce e di tanto il messaggio di ben altra maturità che si legge tra le linee. Ci si aspetterebbe che, una volta riposta l’ascia nel baule della fanciullezza e intrapresa la carriera politica, il film acquistasse una caratura ben diversa, ma questo avrebbe forse reso ancora più incompatibili le due storie. La presenza del Male invece incombe più che mai e segna, fino alla fine, il destino di un grande uomo e di un grande presidente.

La “piccola follia” strutturale del produttore Tim Burton è evidente in questo strano mix di generi, ma non riesce a convincere veramente. Forse l’eccesso di effetti cruenti e di spericolate acrobazie di lotta, è una zavorra troppo importante per permettere al film di volare verso altri orizzonti.

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