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Come un tuono

Regia di Derek Cianfrance vedi scheda film

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La recensione su Come un tuono

di FilmTv Rivista
8 stelle

È uno di quei film che, se racconti la trama, rischi di svelarne le tante sorprese e in più lo fai apparire come una telenovela (è un plot che viaggia sempre sul filo del kitsch). Diciamo allora che il regista del notevole Blue Valentine (del 2010, ma uscito nelle nostre sale con tre anni di ritardo) costruisce un ipermelodramma attraverso un trittico di storie in cui la figura centrale dell’uomo, in questo caso di due padri, agisce, come nella tragedia greca, fra volontà e destino, libertà e fatalità. La poetica di Cianfrance, in cui le scelte sono definitive e le azioni conseguenti, è dichiarata, radicale, oltre che di una coerenza ammirevole. A partire dalla caratterizzazione del primo personaggio che entra in scena in un favoloso piano sequenza con la macchina da presa a seguire da dietro Luke (un biondo e perfetto Ryan Gosling) che dal camerino giunge al teatro del suo show, il “globo della morte” dove, insieme ad altri due motociclisti, volteggia a 360 gradi. Una destrezza che diventerà fondamentale per l’imminente carriera di rapinatore di banche nel tentativo di dare un futuro al figlio che quasi per caso ha scoperto di avere avuto dalla sua ex Romina (una dolente Eva Mendes). Un’idea di ricostruzione familiare, ingenua e commovente, dipinta con amabili pennellate come quando Gosling intona al bambino Borriquito, la più famosa canzone dello spagnolo Peret. Durante una rapina conoscerà Avery Cross, un ambizioso poliziotto (Bradley Cooper), dal cui capolinea si svilupperà la terza storia dei loro due figli. Tutto ciò si svolge all’interno di un cupo teorema, già scritto, atavico, scolpito nella notte dei tempi, dove le colpe dei padri ricadono completamente sui figli. Una sceneggiatura fiume, ambiziosa, firmata dallo stesso autore insieme a Darius Marder e Ben Coccio (il regista dell’inedito Zero Day, sulla strage di Columbine, tutto girato dal punto di vista della videocamera) che, in più di due ore, conduce fino alla speranza d’un possibile futuro nel “posto al di là dei pini” come recita bene il titolo originale The Place Beyond the Pines da un’immagine dei Mohawk, i nativi americani che abitavano i suggestivi luoghi dove il film è girato (l’attuale Schenectady nello Stato di New York).

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 2013 del 14

Autore: Pedro Armocida

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