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Noi siamo infinito

Regia di Stephen Chbosky vedi scheda film

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La recensione su Noi siamo infinito

di miss brown
6 stelle

Quando mi hanno segnalato questo film ho cercato informazioni sul libro da cui è tratto e ho sentito subito puzza di bruciato: l'iniziale editore americano di questo best-seller da 1.200.000 copie solo negli Usa è stato MTV.

THE PERKS OF BEING A WALLFLOWER ovvero I VANTAGGI DI FARE TAPPEZZERIA (questo il titolo originale, strano ma sicuramente migliore dell'orrido italiano RAGAZZO DA PARETE, tradotto e stampato in fretta e furia in previsione dell'uscita italiana del film) scritto da Stephen Chbosky ai tempi dell'università e pubblicato nel 1999 con un battage pubblicitario a dir poco enorme, ha avuto una sorte insolita: vendutissimo, in alcuni istituti è stato addirittura inserito nei programmi, mentre è stato vittima di un'anacronistica censura da parte di centinaia di Consigli scolastici in tutti gli Stati Uniti, che l'hanno osteggiato e vietato in moltissime biblioteche, nemmeno fosse un nuovo GIOVANE HOLDEN. Non l'ho letto ma lo escluderei, almeno dall'impressione che mi ha fornito il film, sceneggiato e diretto dall'autore stesso. Eppure le premesse non erano male: un cast di tutto rispetto, la produzione di John Malkovich e della sua Mr. Mudd Productions, che ha già sfornato gioiellini come JUNO e GHOST WORLD. E poi lo stesso Chbosky che, pur essendo al suo primo lungometraggio, ha una solida esperienza di produttore e sceneggiatore televisivo: il suo fiore all'occhiello è l'ottima ma incompresa serie sci-fi JERICHO; qui però siamo più dalle parti di BEVERLY HILLS 90210.

1990, Pittsbourgh, Pennsylvania. Tormentato dal recentissimo suicidio del suo unico amico e dal ricordo della più vecchia, tragica morte di un'amatissima zia, il 14enne Charlie (il 21enne!!! comunque credibile Logan Lerman di PERCY JACKSON E GLI DEI DELL'OLIMPO e I TRE MOSCHETTIERI di Paul W.S. Anderson) è al suo primo giorno alle superiori e già fa il conto alla rovescia dei 1.200 e rotti giorni che gli mancano al diploma. E' un ragazzo introverso, intelligente e amante dei libri e, pur sostenuto dall'insegnante di lettere (il come sempre incolore Paul Rudd), diventa immediatamente bersaglio dei bulletti della scuola. Per sua fortuna lo prendono sotto la loro ala protettrice due ragazzi dell'ultimo anno: la bella e infelice Sam (un'ottima Emma Watson, alla sua prima grande occasione dopo un decennio di HARRY POTTER) e il suo eccentrico fratello Patrick (lo strepitoso, incontenibile Ezra Miller, già apprezzato in A PROPOSITO DI KEVIN e nella serie ROYAL PAINS). Pur avendo una piccola corte di ammiratori sono poco popolari nella scuola perché “diversi”, e di questa diversità hanno fatto snobisticamente la loro forza, si atteggiano ad intellettuali e godono nel dare scandalo (anche se non ci vuole una gran fatica nella bigotta provincia in cui vivono): bevono abitualmente alcolici e assumono sostanze chimiche assortite, non ascoltano banale musica pop, ma classici inglesi anni '70, animano le proiezioni del ROCKY HORROR PICTURE SHOW e hanno una vita sessuale a dir poco movimentata. Charlie inevitabilmente si innamora di Sam e finalmente smette di essere l'invisibile ragazzo-tappezzeria del titolo, invece di osservare da un angolo la vita degli altri comincia a vivere sul serio. Ma i suoi nuovi amici, di 3 anni più grandi di lui, partono per il college: l'equilibrio di Charlie crolla in un'imprevedibile e furiosa crisi di violenza e solo una paziente e dolorosa analisi farà riaffiorare una dolorosa, terribile verità.

Pur presentando senza falsi pudori fin troppe tematiche importanti e delicate come amicizia e amore, omosessualità e omofobia, droga, bullismo, violenza domestica, molestie sessuali, questo film mi ha trasmesso una strana sensazione di irrealtà: colpa probabilmente di quel liceo dove tutti gli allievi sono belli, bianchi, alti, snelli, senza tracce di acne. Di quei genitori premurosi, quasi soffocanti, ma ciechi in maniera irritante (sprecati, con una manciata di battute a testa, Kate Walsh e Dylan McDermott così come la psichiatra Joan Cusak). Di adolescenti che si definiscono “non ricchi” ma abitano in lindi quartieri di case da 500mq, hanno un'auto a testa e apparentemente inesauribili risorse economiche, pur essendo in una Pittsbourgh che nel 1990 stava uscendo a fatica dalla crisi dell'industria siderurgica (nota sociologica mia, nel film non ce n'è traccia, probabilmente da quelle parti leggere i quotidiani è considerato ancora più peccaminoso che drogarsi o fare sesso). In una specie di operazione-nostalgia per quarantenni, quelli che, non esistendo ancora gli mp3, si scambiavano decine di cassette con playlist fatte in casa, il regista appare incerto nel servirci un dramma adolescenziale con venature di tragedia (ma le scene degli incubi di Charlie sfiorano il ridicolo), finendo per ammannirci un compitino abbastanza piatto, alcune buone idee e poche scene indovinate sommerse da litri di banalità e personaggi stereotipati (l'eroe del football codardo nella vita, il burbero insegnante di applicazioni tecniche coi capelli tinti), abbondanti cucchiaiate di lacrime e melassa a turare le crepe della sceneggiatura come la glassa su di una torta malriuscita.
Sicuramente magnifica la ricchissima colonna sonora. Ma pare impossibile credere che per quei piccoli, petulanti radical-chic del 1990 il tormentone, fino a 5 minuti dalla fine, sia: Quale sarà il titolo della canzone che passava alla radio mentre eravamo nel tunnel? Era HEROES di David Bowie, accidenti a voi!

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