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Hates - House at the End of the Street

Regia di Mark Tonderai vedi scheda film

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La recensione su Hates - House at the End of the Street

di supadany
3 stelle

Essere completisti può rivelarsi un problema.

Nel caso di Hates, solo il desiderio di verificare dalla a alla z il percorso di Jennifer Lawrence può spingere al recupero di un titolo che per il resto - nel frattempo è stato demolito da più parti - si conferma di una debolezza estrema, tanto da risultare proprio irritante, per modalità applicate (riprese da tanti thriller) e per la superficialità nella costruzione dell’impianto narrativo.

Appena giunte in una nuova città, Sarah (Elizabeth Shue) e sua figlia Elissa (Jennifer Lawrence) scoprono di vivere a fianco di una casa dove molti anni prima avvenne un massacro familiare.

Nonostante quanto apprendono, Elissa stringe amicizia con Ryan (Max Thieriot), unico superstite di quella famiglia, che sembra essere tutt’altra persona rispetto alle dicerie locali che lo dipingono come un mostro da evitare.

Ryan cela però un inconfessabile segreto con il quale tutti dovranno fare i conti.

 

 

Hates è uno tra i film più irragionevoli dell'ultima decade, piazza un paio di colpi di scena fondamentali ma non riesce a costruirci attorno l'insieme anzi, tutto il resto è irrisorio, fragile al punto di crollare al primo soffio di vento.

Lascia perciò interdetti scoprire che il soggetto sia firmato da un regista solido qual è Jonathan Mostow (Breakdown - La trappola), fondato su una formula piuttosto battuta che prevede (assurdi) ribaltamenti, spiegati tramite flashback, purtroppo poi anche i semplici personaggi, come la madre interpretata da Elizabeth Shue, sembrano scritti apposta per essere respingenti più del dovuto. 

Anche lo stile, soprattutto all'inizio fin troppo evidente, non lascia traccia alcuna, così che, a parte un paio di (inevitabili) sobbalzi improvvisi (più che altro ingigantiti dal nulla che li anticipa o segue), rimane solo Jennifer Lawrence che, nel limite del possibile, manifesta una presenza ben superiore alle solite teen ager, sembrando crederci anche quando la corda è già stata tirata fino a decretarne un irrecuperabile strappo.

Detto già di Elizabeth Shue, in perenne affanno nel confronto con un personaggio sovrascritto, nel cast ritroviamo anche Nolan Gerard Funk in un ruolo nel quale facciata e realtà sono estremizzate all’inverosimile, mentre il coprotagonista Max Thieriot riesce a trasmettere entrambe le anime del suo personaggio (per quanto il suo collocamento sia a dir poco strampalato).

In generale, Hates accusa un percorso che frana pezzo dopo pezzo, in maniera più evidente ogni qualvolta debba far tornare un collegamento saliente, e teoricamente dovrebbe appartenere al modello di pellicola che spinge a una seconda visione per verificarne la congruità, ma poi bastano veloci ragionamenti mentali per capire che sarebbe solo (altro) tempo perso.

Fallimentare.

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