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Gravity

Regia di Alfonso Cuarón vedi scheda film

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La recensione su Gravity

di alan smithee
8 stelle

Che perfezione la Terra vista con gli occhi stupefatti di un esserino da nulla come l'uomo. Che perfezione la resa scenica di un 3D una volta tanto pertinente e non frutto unicamente di scellerati calcoli commerciali senz'altra giustificazione. Che tensione mette addosso la sensazione di rimanere intrappolati in una immensità scura e senza suoni, in un limbo rarefatto e immenso in cui volteggi sino all'infinito per assenza di gravità. Gravity, appunto, film d'apertura dell'ultima Mostra veneziana; prodotto certo e prima di tutto commerciale, che tuttavia coniuga perfettamente tensione, impegno (ecologico innanzi tutto - riflessione inquietante sul fatto che l'uomo riesce anche ad inquinare l'intero universo con la sua invadenza e la scelleratezza dei suoi comportamenti che troppo spesso non sanno guardare al di là del mero ritorno economico immediato) e ottima recitazione, affidata in questo caso, in modo esclusivo, a due tra le più acclamate star mondiali, entrambi premi Oscar, entrambi glamour e belli, e dunque perfetti per la passerella d'esordio sul tappeto rosso del Lido poco più di un mese orsono. Il messicano Alfonso Cuaron, dopo un buon intervallo dal bellissimo "I figli degli uomini" torna in qualità di regista, ma pure di sceneggiatore, produttore e montatore di una pellicola carica di tensione e in grado di trattenerti incollato alla poltrona a seguire le mille drammatiche peripezie della dottoressa Ryan Stone nel tentativo di trasferirsi da un satellite all'altro dopo e dunque far ritorno sul nostro pianeta, dopo che una pioggia di detriti vaganti ha distrutto il suo shuttle e sterminato l'equipaggio che prendeva parte alla sua missione. Un film che poggia, oltre che sulla tensione palpabile congeniata abilmente dal Cuaron sceneggiatore, anche e soprattutto sulle doti sceniche e sulla prestanza di una superba Sandra Bullock, attrice di prima grandezza sin dai tempi degli esordi con Vanshing, rimasta tuttavia prigioniera di ruoli leggeri ed insignficanti per troppi e lunghi anni. Gli fa da spalla, ma di lusso, un George Clooney generoso che le lascia cavallerescamente la ribalta defilandosi nel modo più utile, saggio e dignitoso. A proposito di Clooney mi piace sottolineare in questa circostanza, sebbene personalmente sia ideologicamente contrario al doppiaggio, una nuova superba prova da parte del doppiatore abituale del divo americano, ed oggi probabilmente la più famosa ed apprezzata voce maschile di star internazionali: sto parlando ovviamente di Francesco Pannofino, anche attore molto noto, nato tra l'altro a Pieve di Teco, grazioso storico borgo a pochi chilometri dalla mia Imperia, e anticamente terra di passaggio in occasione degli scambi commerciali tra liguri e piemontesi di farina e olio d'oliva, al tempo dei nostri bisnonni.
I giorni scorsi ho assistito al cinema a Nizza al trailer francese di Gravity, doppiato pure quello: è sufficiente mettere a confronto la vocina piatta e banale del collega d'oltralpe col  superbo timbro inconfondibile di Pannofino per confutare una volta ancora la superiorità della nostra tecnica di doppiaggio. Un primato che tuttavia non verrebbe minimamente messo in secondo piano con la circolazione contemporanea di copie sottotolate, come accade un po' ovunque ormai, Francia per prima. Un modo per apprezzare pure le vere voci di attori famosissimi che in realtà conosciamo solo superficialmente, e magari l'occasione per imparare un po' meglio a destreggiarci con le principali lingue straniere semplicemente guardando un bel film.

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