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Il cacciatore di Giganti

Regia di Bryan Singer vedi scheda film

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La recensione su Il cacciatore di Giganti

di FilmTv Rivista
8 stelle

C’era una volta un ragazzo ricco di spirito e povero di mezzi, d’indubbio ingegno e discutibile pragmatismo, con il cuore palpitante di eroiche imprese e il soffitto di casa grondante acqua piovana. C’era una volta una ragazza con la chioma fluente di Barbie Raperonzolo e l’ansia di calarsi dalla torre per tastare col piede il dissestato acciottolato urbano. A unire i due giovani, nel loro sonno più o meno riscaldato, il sogno sprigionato dalle pagine di un libro: in edizione economica o versione deluxe, la fiaba sull’ipertrofica pianta di fagioli nutre le fantasie di Jack e Isabelle finché non camminano con le proprie gambe. E inciampano. Lui baratta un cavallo con un sacchetto di fagioli, lei fugge dalle regali stanze: s’incontrano sulla terra ed è colpo di fulmine. Fulmineamente si rivedono prima che la terra tocchi il cielo, portandosi via la Principessa assieme alla capanna del Povero: in cima a quel lussureggiante vegetale che prende vita dalla semplice, stupefacente miscela di acqua & legume. La versione di Bryan (Singer) è un pasto frugale servito al tavolo delle grandi occasioni: si arrampica con divertita agilità e brillante leggerezza sulla pianta che ha già dato i suoi frutti. Tutto quello che c’era una volta c’è ancora, racconta la Storia recente del blockbuster hollywoodiano. E il talento, nelle storie infinite, è maneggiare l’eternità con personalità: se la leggenda vive di istinti inestinguibili in corpi aggiornabili, spargere altri semi è l’unico modo per rinvigorire la radice. Il regista degli X-Men non fa le pulci ai suoi giganti lerci e tonti: sono quello che mangiano maiali di cui non si butta via - letteralmente - niente, creature bifronti monopensanti da far rotolare a effetto tra le fronde stereoscopiche. Mentre l’altezza crea l’ebbrezza di un altrove, è la faccia dell’uomo a raccontarci una fiaba uguale e ancora diversa. Quando il terreno, friabilissimo, suggerisce di replicare l’automatismo del climbing su roccia artificiale, Singer sfodera il ghigno schizzato di Stanley Tucci, grottesca miniatura machiavellica; il valzer di sguardi tra Nicholas Hoult ed Eleanor Tomlinson, decisi a inerpicarsi e ruzzolare sul tronco della «propria avventura»; l’occhio autoironico incorniciato da eyeliner di Ewan McGregor, valoroso cavaliere rock che fece l’impresa (con un po’ d’aiuto).

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 13 del 2013

Autore: Chiara Bruno

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