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Magnifica presenza

Regia di Ferzan Özpetek vedi scheda film

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La recensione su Magnifica presenza

di giancarlo visitilli
4 stelle

Tutte le ciambelle, dopo qualche prima buona, possono venire senza buco. Poi, possono risultare a tutti anche appetitose e commestibili, perché “sono di marca”. Ozpetek non è il nome della marca di ciambelle, ma ormai è un marchio. Quello di un cinema che, a prescindere: “oh, ma è il nuovo film di Ferzan!”. Si compra a scatola chiusa, anche se il risultato, quando si esce dalle sale, alla fine degli almeno ultimi suoi tre film, è sempre lo stesso: una delusione pazzesca, oltre che l’inquietudine per aver visto sempre lo stesso film, girato discretamente ma scritto sempre peggio.  

Magnifica Presenza arriva dopo il mediocre Mine vaganti (2010), che ha fatto un’incetta di premi e successi. Si tratta della storia di Pietro, un ventottenne siciliano che arriva nella capitale col grande sogno di fare l’attore. Trova una casa tutta per sé, e dopo aver fatto comunque esperienza dell’invadenza di sua cugina Maria, ben presto, nel suo lussuosissimo e bellissimo appartamento (come sempre le case ozpetekiane sono minimo al Parioli… Ma Pietro come fa a pagare il fitto di una casa bella e grande come quella, se sforna solo cornetti?) comincia a convivere con strane presenze, che gli appaiono all’inizio inquietanti: si tratta di ospiti non previsti, misteriosi, eccentrici, elegantissimi, che pian piano iniziano a creare un legame profondo con lui.

Un film corale, ma estremamente ingarbugliato e quasi impalpabile, nonostante la struttura binaria dei piani temporali. Ozpetek conosce benissimo le dinamiche bunueliane e felliniane (è evidente!), ma si perde dietro l’onirica presenza di assenze che servono solo a fare i conti con una verità che pacifica il passato: si va dalle presenze del Secondo dopo guerra a quelle del Risorgimento, evocato attraverso un album i cui figurini sono gli uomini e le donne che hanno fatto l’Italia, forse l’unica ‘magnifica presenza’ di cui avrebbe potuto parlare il regista italo-turco. Con un barocchismo di maniera, si conferma l’attenzione del regista per la tematica sempre intorno all’omosessualità, in Mine vaganti presenze ironiche, in questo una presenza barocca, personificata dal giovane dall'orientamento sessuale indefinito (“non riesco ad essere gay, figurati se riesco ad essere eterosessuale").

Nonostante alcune battute, disseminate qua e là (da quella sul sesso “braille”, ), il film non fa ridere, tantomeno emozionare. E’ un omaggio a quel che rimane del rapporto fra realtà/finzione, rappresentazione/verità (“Cosa c'è di più reale di una reale finzione?”). Ozpetek già si cita addosso, ammettendo anche di essere un regista importante, che scrive con la stessa collaboratrice di Nanni Moretti, Federica Pontremoli, di cui capiamo una certa ‘vicinanza’ e citazione quando Pietro si aggira, sebbene in modo fugace, a Cinecittà, proprio mentre sono in pieno svolgimento le riprese di Habemus Papam. Anche con un cast dalle presenze importanti, in realtà, solo due risultano le presenze magnifiche degne di nota: la bravissima Paola Minaccioni che interpreta la cugina di Pietro e il sempre più bravo Beppe Fiorello.

Così come sempre avviene durante le storie che racconta Ozpetek, di incontri, sguardi, che diventano strumento per ricomporre sempre lo stesso puzzle, quello dell’io, in Magnifiche presenze tutto lascia il sorprendente gusto d’amarezza per una storia che forse non ci mancava, avendone tante così, firmate Ozpetek: un marchio, una firma, un personaggio, l’unico veramente in cerca d’autore…

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