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La notte

Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film

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La recensione su La notte

di degoffro
4 stelle

Classico esempio di insostenibile mattone cinematografico. L'angoscia esistenziale, la noia della vita di coppia, l'incapacità di comunicare, il desiderio di fuga, di un'avventura, di gridare la propria insoddisfazione ed il proprio male di vivere sono ancora una volta al centro di questo secondo capitolo della trilogia dell'incomunicabilità di Antonioni. Ma se "L'avventura" pur con le sue lungaggini riusciva comunque a scuotere e a tratti turbare, "La notte" è di una noia mortale e non fa altro che ripetere quanto già affermato con maggiore forza e coerenza nelle precedenti opere del maestro. Peccato perché per la prima volta ha a disposizione un cast all star (Mastroianni, Moreau, Vitti), ma la sceneggiatura dello stesso Antonioni con la collaborazione di Ennio Flaiano e Tonino Guerra è ripetitiva, monotona, stanca e stancante, fastidiosamente intellettuale, poco lucida e molto involuta, con interminabili silenzi, molte, forse troppe, parentesi gratuite, criptiche, a tratti irritanti, (l'incontro con la ragazza fuori di testa lungo il corridoio dell'ospedale, Lidia che osserva alcuni sbandati che fanno a botte, la lunga chiacchierata nel locale, mentre due ragazzi ballano sensualmente), tanti punti morti e la triste sensazione di un inutile girare a vuoto raschiando il fondo del barile. E così la storia dello scrittore Giovanni Pontano e della moglie Lidia, giunti ad una crisi ormai irreparabile, il lento sfaldarsi dei loro rapporti affettivi, la ricerca ossessiva di un flirt, il loro vagabondare senza meta per tutta la notte, il trattenersi ad una festa mondana tra discussioni inutili, fragili innamoramenti, sterili tentativi di fuga, facili quanto scontati tentativi di seduzione (e Monica Vitti, benché abbia vinto un Nastro d'Argento come migliore attrice non protagonista pare davvero sacrificata in una parte poco credibile e convincente) non riesce mai a coinvolgere e lascia completamente indifferenti ed annoiati. Il finale poi con i due coniugi che amoreggiano nel giardino della villa, con Lidia che ripete di continuo al marito "non ti amo più" appare quasi ridicolo e quantomeno datato. Un film irrisolto che non aggiunge nulla di nuovo e mette a durissima prova la pazienza del povero spettatore costretto ad ascoltare anche dialoghi a volte piuttosto improbabili e grossolani: Valentina (la Vitti) ad un certo punto dice a Giovanni che ha bisogno di una ragazza nuova per ricominciare e lui le risponde che in realtà ha bisogno solo di lei. Orso d'oro a Berlino per un film che oggi mostra tutti i suoi anni.
Voto: 5

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