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Argo

Regia di Ben Affleck vedi scheda film

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La recensione su Argo

di chinaski
6 stelle

Sei americani, che lavorano nell’ambasciata del loro paese a Teheran, riescono a fuggire mentre questa viene assaltata e occupata da una folla inferocita, perché gli USA hanno accolto nel loro paese lo Scià, malato di cancro. Siamo nel 1979. I sei si rifugiano a casa dell’ambasciatore canadese. Ora la CIA ha un problema. Fare uscire i sei dall’Iran e riportarli a casa. L’idea giusta, anche se assurda, viene a Tony Mendez (Ben Affleck), uno che di mestiere tira fuori le persone da situazioni pericolose. L’idea: girare un falso film e spacciare i sei per i componenti della sua troupe. La preparazione del piano: andare ad Hollywood, mettere su una falsa casa di produzione, presentare il falso film alla stampa. Creare le basi perché la finzione diventi vera. Mettere in pratica il piano: andare in Iran, entrare in contatto con i sei, fargli studiare una parte, cercare di superare i controlli all’aeroporto, ritornare negli USA.

Ben Affleck, nelle duplici vesti di attore protagonista e regista, adotta le scelte stilistiche di molto cinema americano degli anni settanta per raccontare questa storia: si affida alla camera a mano per le scene in strada, durante gli scontri, prediligendo un punto di vista quasi documentaristico (come dimostrano, nei titoli di coda, le immagini del film accostate a quelle reali dei personaggi e degli eventi accaduti),  al montaggio alternato per controllare il ritmo della narrazione e la crescita della tensione (soprattutto nell’ultima parte che si svolge all’interno dell’aeroporto), all’uso del primo piano per caratterizzare i molteplici personaggi e all’uso della colonna sonora per enfatizzare emotivamente alcune sequenze (con grandi classici del passato, tra cui Dire Straits e Led Zeppelin).

Nella pellicola si fondono in maniera molto equilibrata la necessità di una ricostruzione storica affidabile e le esigenze finzionali e narrative proprie del cinema hollywoodiano, Ben Affleck, usando un registro che coniuga azione e ironia, ribadisce anche alcuni classici valori degli Stati Uniti: la comunità che non abbandona gli individui che ne fanno parte, il lavoro di gruppo come realizzazione del singolo, valori opposti a quelli dell’Iran, di cui osserviamo, in parte, la forte carica autoritaria e antilibertaria del proprio regime. Affleck guarda con affetto ad Hollywood (luogo di cialtroni e approfittatori) e ne omaggia le produzioni fantascientifiche, facendo raccontare ad uno dei personaggi, all’aeroporto di Teheran, alcune sequenze del film che avrebbero dovuto girare come C-3PO faceva con gli eworks ne Il ritorno dello Jedi, creando un gioco di specchi, tra realtà e finzione, vita e cinema, dove la politica americana finisce per apparire meno brutale di quanto è sempre stata.

 

 

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