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God Bless America

Regia di Bobcat Goldthwait vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su God Bless America

di alan smithee
8 stelle

Senza la vicina Francia sarei cinematograficamente un uomo finito….chi mi conosce un po’ ne è al corrente. Il disagio in cui viviamo noi del Ponente Ligure, strutturalmente sempre più povero di sale e scevro di alcun sostegno dall’alto, lascia interdetti noi che ancora crediamo nel valore della cultura (siamo solo 4 gatti però); ma su questo aspetto mi sono già espresso sin troppe volte e non voglio tornarci, non ora.
Volevo solo, per introdurre la bella sorpresa provata ieri nella visione di questo bellissimo ed inaccessibile film, documentare come sono organizzati bene i nostri cugini d’oltre confine, effettivamente spesso un po’ altezzosi e poco simpatici nei confronti di quelli che da sempre considerano i “vicini poveri”, ma indubbiamente più attenti allo sviluppo e al mantenimento di strutture e forme di condivisione di arte in tutte le sue forme, per non parlare della valorizzazione di paesaggi e città.
Nel centro di Nizza, gran bella città grande ma non enorme, cosmopolita, molto ricettiva ed attrezzata, nella piu’ bella piazza cittadina, quella storica Place Garibaldi che ricorda un po’ la parigina Piazza della Bastiglia, proprio di fronte al famosissimo “Café de Turin” - ristorante di "coquillages et fruits de mer" citato pure da Giorgio Faletti nel suo folgorante esordio letterario “Io uccido”- sorge il delizioso e storico “Cinema Mercury”: multisala recentemente ristrutturata, composta da tre piccoli locali (la saletta numero 3 ha solo 36 posti!); l’iniziativa è gestita e finanziata da un Ente locale dipartimentale che ne scongiura la chiusura anche quando (e capiterà piuttosto spesso) il dio profitto non caratterizza pienamente la gestione economica dell’iniziativa assicurando quell’ormai irrinunciabile massimizzazione dei profitti imposta da questo efferato capitalismo dilagante. Ma la cosa fantastica è soprattutto il modo in cui è organizzata la programmazione, forte di circa una quarantina di titoli a settimana tra anteprime d’autore, seconde visioni e rassegne e cicli a tematiche varie (e’ appena terminata una approfondita retrospettiva sui film dell’orrore di serie B del periodo Hammer con Peter Cushing e Christopher Lee), proiettate uno ad ogni ora tra le tre sale con orari prefissati e da “prendere al volo” a seconda del giorno.
Lo spettatore infatti, seguendo tassativamente l’orario che programma ogni spettacolo un film diverso, ha possibilità di vedere in tal modo film in lingua originale sottotitolati in francese: pellicole che non potrebbero avere altrimenti una distribuzione capillare o non troverebbero per nulla la via della distribuzione. Questo succede anche nelle principali città francesi da tempo. Pellicole ottime come “Dark Horse”, “Despues de Lucia”, “Keep the light on”, “Paperboy” sono solo alcuni gioielli che mi e’ stato possibile vedere grazie a questa brillante efficace distribuzione che spazia in territori più disparati di tutte le cinematografie mondiali. Insomma il sogno della mia vita (“ti accontenti ti poco”…mi si obbietterà forse, ma sono disposto ad accollarmi con una certa fierezza questa osservazione e responsabilità).
Ma basta ora dilungarci in sogni proibiti, irrealizzabili ed impensabili da realizzare da noi, solo a poche decine di km di distanza, e veniamo alla bella sorpresa di ieri: questo efferato, trucido, ironico ed esplosivo “Good bless America” di un bizzarro “Bobcat” (ma vi rendete conto che nome? una folle genialata….) Goldthwaitè il diario di “Un giorno di ordinaria follia” in stile Sundance + Todd Solondz (in questo ultimo caso più per il fisico ordinario del protagonista cicciottello e sfigato, che per il suo carattere, al contrario dei personaggi di Solondz molto tradizionalista e per nulla incline al vizio e alla perversione); uno spunto per raccontarci di un’America inquietante, che fa davvero paura e alla quale stiamo pericolosamente avvicinandoci sempre più: gli States non certo ostaggio degli “assassini nati”, ma piuttosto quelli succubi di una tendenza deprecabile ben più dilagante: la volgarità, la maleducazione, il mancato rispetto delle sensibilità e delle esigenze altrui, il menefreghismo e la derisione, il complotto per farti fuori: è l’America che deride e umilia la gente umile, semplice e credulona, illudendola con le effimere luci del palcoscenico e coinvolgendola in spettacoli vergognosi ed oggettivamente deprimenti se solo si riuscisse ad uscire dalle orme del gregge.
La bellezza del film è che lo spettatore, di fronte a tanta mediocrità e grettezza, parteggia subito per il goffo e tenero protagonista, licenziato dal lavoro col presupposto di una falsa molestia ad una collega, divorziato con una figlia piccola caratteriale ed isterica che lo detesta, solo al mondo, con dei vicini rumorosi e grezzi, malato terminale a sorpresa dopo che un medico senza scrupoli gli rivela con fredda spietatezza una diagnosi che non lascia speranze; e ancora con una televisione che irrompe nelle sue serate solitarie infondendo lo squallore di una vita che non ha piu’ regole e  fondamenti genuini.
Senza nessun appiglio per scorgere un orizzonte di salvezza, al nostro eroe non resta che sfoderare la pistola e mietere, con una dignitosa professionalità dopo un inizio goffo e molto incerto, tutta quell’erba infestante che sta soffocando i valori tradizionali di una società che è stata sana fino a non molto tempo prima.
L’inizio tra sogni di vendetta e stragi premeditate è folgorante e spassosissimo nella sua esagerata platealità e gore. L’incontro con la quattordicenne che diventerà complice di Frank, questo il nome del bolso compassato protagonista è pure uno dei momenti più riusciti di una pellicola forse non nuova (ricordo simile e neanche molto tempo fa un grande William H. Macy ne "Edmond" di Stuart Gordon), ma briosa, amara e sconcertante, ma a tratti davvero spassosa nella sua esagerata platealità, che appare come tale solo fino a quando non si riflette sul fatto che tutto questo orrore e tutta questa primitiva puerilità di pensiero è ormai dilagante e irrefrenabile ovunque, negli States come qui da noi.
Grande interprete, un po' di sana cattiveria che si rivela l'arma piu' efficace per combattere la stupidità e l'ignoranza che, entro certi limiti, fanno più paura della follia dei due protagonisti di questo adorabile delirio.

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