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Cesare deve morire

Regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani vedi scheda film

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La recensione su Cesare deve morire

di mm40
6 stelle

Realtà e rappresentazione diventano la stessa cosa, la libertà (nell'arte, nella recitazione) riesce a invadere e a riempire spazi in cui essa proprio per definizione manca, cioè quelli del carcere, coinvolgendo a fondo - sia pure momentaneamente, estemporaneamente - persone che alla libertà ormai non possono più credere: fra i detenuti che prendono parte al film, che sono in galera per pene molto lunghe, ci sono infatti anche alcuni ergastolani. Ma che bravi in ogni caso tutti, chi più e chi meno naturale o credibile; comunque i fratelli Taviani sanno tirar fuori il meglio da un gruppo di attori dilettanti e dal sicuramente difficile approccio emotivo alla recitazione. Ma ciò che manca nell'emotività in questi attori proviene da una zona oscura del carattere, quella della volontà di riscatto, di realizzazione umana e morale, che porta nell'ultima scena uno degli interpreti a pronunciare la morale: ora che l'arte è entrata nelle loro vita, queste celle sembrano così strette. Ed è difficile non rimanere favorevolmente impressionati dal Bruto i cui panni sono vestiti da Salvatore Striano (che in effetti dopo il film ha continuato a recitare, una volta uscito dal carcere); dimostrando molto poco coraggio, però, nessun festival ha osato premiare nè lui nè altri interpreti (non esaltarne uno per non fare torto agli altri? Mica sono bambini). Fra i tanti riconoscimenti: l'Orso d'oro a Berlino, cinque David e due Nastri d'argento. Per la cura della messa in scena (che porta il film a essere molto più di un documentario, sebbene non sconfini neppure chiaramente nella fiction) e certe soluzioni non scontate (oltre alla scelta del cast, l'uso del bianco e nero nella fotografia di Simone Zampagni o le musiche minimali di Giuliano - figlio di Vittorio - Taviani), questa pellicola assomiglia più alle primissime dirette dai fratelli, considerazione non da poco se si considera che entrambi all'uscita di Cesare deve moirire hanno da poco raggiunto gli 80 anni. In ciò il film sorpassa trionfalmente l'analogo Tutta colpa di Giuda, di Davide Ferrario (2009), che trattava il teatro in carcere soffermandosi però sulle problematiche personali dei detenuti e declinando apertamente nella fiction, con risultati altalenanti; qui invece tutto ciò che è realtà è rappresentazione e viceversa, tanto che non solo i carcerati sono carcerati anche nella vita di tutti i giorni, ma pure il regista che entra a Rebibbia per dirigere lo spettacolo è un vero regista, cioè Fabio Cavalli, che ha collaborato anche alla sceneggiatura con i Taviani; il saper garantire e conservare la spontaneità nella recitazione dei detenuti è infine ciò che permette non solo di perdonare, ma addirittura di apprezzare i loro limiti artistici, rivalutandone la dignità umana dopo averli conosciuti (in una sequenza iniziale) in base ai delitti commessi e agli anni di pena loro comminati. 7/10.

Sulla trama

Nel carcere di Rebibbia un regista allestisce con i detenuti la rappresentazione del Giulio Cesare di Shakespeare. Vita reale e teatro si intersecano per alcuni mesi, poi nelle celle tornerà il silenzio.

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