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The Impossible

Regia di Juan Antonio Bayona vedi scheda film

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La recensione su The Impossible

di supadany
7 stelle

Coproduzione tra Spagna e States che, partendo da un fatto drammatico arcinoto e, soprattutto, di alto impatto, riesce ad elaborare una storia di gran presa emotiva che conferma il talento rappresentativo di Juan Antonio Bayona (“The orphanage”, 2007), regista ormai pronto per effettuare il grande salto in progetti ad alto budget che comunque non si dimentichino di creare un percorso compiuto.

Natale 2004, la famiglia Bennett si reca sulle spiagge della Thailandia per una vacanza di assoluto relax, ma uno tsunami trasforma in pochi attimi momenti paradisiaci in vero terrore.

I genitori Maria (Naomi Watts) e Henry (Ewan McGregor) vengono brutalmente separati, Maria ritrova presto uno dei suoi tre figli, ma ferita gravemente non può muoversi, mentre il figlio più grande cerca di dare una mano agli altri feriti conscio che potrebbe non rivedere mai più il resto della sua famiglia che invece si trova altrove e che vive lo stesso terribile incubo.

 

 

Film dalle forti emozioni che ripropone lo tsunami del 2004 entrando nella carne viva dei sentimenti più profondi (prima la devastazione naturale, poi il senso di smarrimento più totale), quelli che legano marito e moglie e soprattutto quello che indelebile tra un genitore e la sua prole.

Il preambolo è rapido, ma descrittivo quanto basta, il paradiso terrestre si tramuta in inferno (grandissima la ricostruzione dell’evento, fatta per motivi di budget sun un modellino, ma l’effetto è considerevole, viva l’artigianato), il dolore prende campo, i segni sul corpo di Maria (Naomi Watts mostra tanto dolore, una vera e propria via crucis) sono pesantissimi, ma il suo da madre lo è ancora di più.

Poi il film non fa misteri troppo prolungati sulle sorti altrui, ma, grazie anche alle doti attoriali (anche Ewan McGregor si cala nel dramma completamente), fa bramare il momento del ricongiungimento, inevitabile, non solo perché strettamente cinematografico, ma perché frutto della storia vera, senza dimenticarsi che in tanti ha perso un “pezzo”, alcuni per poco tempo, altri per sempre.

Un film che sa abbinare la tecnica al sentimento, non ci si inventa nulla (ed in fondo si poteva cercare una costruzione meno collaudata), si fa leva su un fatto lontano, ma che per tanti motivi rimane vivo (un incubo la pace che si trasforma in inferno) e la rappresentazione premia, tra umanità e metodo, tutta l’operazione che è ovviamente strappa lacrime per la commozione (tra perdita e ricongiungimento), un po’ premeditata, ma in fondo realistica.

Ben fatto.

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