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Hugo Cabret

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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La recensione su Hugo Cabret

di mm40
4 stelle

Parlare di Melies significa riferirsi al cinema di fantasia, tutto effetti speciali e poca sostanza, poca materia a livello di contenuti; osannare Melies (al di là dell'effettiva necessità di farlo, come se i tributi in questo senso mancassero) vuole pertanto dire incensare l'immaginazione e i prodottoni hollywoodiani per famiglie che tanti miliardi costano e molti di più ne incassano. Hugo Cabret, in sostanza, è pura masturbazione: difficile attendersi qualcosa di tanto puerile e insignificante da un grande talento come Scorsese, ma dopo le prime due ore di visione di questo film, in attesa che qualcosa di decisivo finalmente accada, ci si deve a malincuore arrendere: stanno infatti scendendo i titoli di coda. E dire che la sceneggiatura di John Logan (già autore di The aviator, per il regista), da un romanzo di Brian Selznick, è tutt'altro che noiosa di per sè, anzi: è intrisa di azione e colpi a effetto (peccato che stravolga la realtà storica dei fatti, ma su quello si può chiudere un occhio). Ma quando a un certo punto, senza motivo logico alcuno, si vede persino un treno che deraglia e distrugge mezzo mondo - per poi scoprire che si trattava soltanto di un sogno del ragazzino - ecco che il trucco dei trucchi si svela: tanto baccano e tanto dispendio di mezzi non giustificano alcunchè a livello di coerenza narrativa (casomai, al contrario, ne dovrebbero essere giustificati); l'idea è appunto che Hugo Cabret volesse a ogni costo stupire il pubblico e gettargli addosso ritmo e sentimenti a badilate, da mischiare con i popcorn e la Coca-Cola "nel vostro multisala preferito". Ma tutto è talmente finto e artificioso, risaputo dal primo fotogramma, che la delusione sboccia inevitabile: superdrammatizzazione, regia e recitazione (particolarmente della piccola Chloe Grace Moretz, semplicemente insopportabile) perennemente sopra le righe, l'idea di fondo che questa pellicola lascia è quella di aver assistito a tanto, tanto superfluo e a ben poco di necessario. Asa Butterfield, il protagonista, non è nulla di che, ma se la cava; a dirla tutta i veri protagonisti sono però i suoi occhietti colorati, che la fotografia ultrapatinata da catalogo di moda (Robert Richardson, abituale collaboratore di Scorsese) esalta in maniera quasi ossessiva; nota assolutamente positiva, invece, per Ben Kingsley, alt(r)o livello e alt(r)e prestazioni. Sacha Baron Cohen, suo malgrado, è confinato in una ridicola macchietta comica (un poliziotto pasticcione al centro di gag tanto evidenti quanto forzate); Jude Law scompare dopo dieci minuti. Come già negli ultimi film del regista, per le scenografie viene impegnato Dante Ferretti. 5/10.

Sulla trama

Anni '30. Hugo, ragazzino orfano, vive clandestinamente dentro la stazione di Parigi. La sua passione è la riparazione: dell'orologio centrale della stazione e di un automa che, si scoprirà, fu progettato da Georges Melies, uno dei padri del cinema creduto morto e invece molto più vicino a Hugo di quanto egli creda.

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