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Dark Shadows

Regia di Tim Burton vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Dark Shadows

di Lina
9 stelle

Film imperfetto sotto alcuni aspetti, eppure ben congegnato, in cui Tim Burton torna alle origini del suo stile.

 

Questo “Dark Shadows” è un’opera tragicomica simpatica e irresistibile per due motivi: ha per soggetto una figura che affascina da sempre intere generazioni: il vampiro, ed è stata diretta da un regista che sa mescolare sapientemente tematiche gotiche con tematiche romantiche, senza risultare prevedibile, stucchevole e banale. Pertanto, horror, magia, dramma, umorismo nero, poeticismo maledetto e romanticismo dark si fondono alla perfezione.

 

Purtroppo, la versione doppiata non rende giustizia a quella originale: traduzione un tantino alterata e modificata, ottimi e suggestivi effetti eco di alcune frasi pronunciate dal protagonista-vampiro eliminati e doppiatori non all'altezza delle reali interpretazioni degli attori. Fabio Boccanera, in primis, a volte è perfetto nel doppiare il vampiro Barnabas, altre invece sembra che si stia confondendo credendo forse di stare doppiando ancora Jack Sparrow. Ma i doppiatori del servo un po' idiota di Barnabas (che spesso non si capisce nemmeno cosa stia dicendo o cosa farfugli con quella sua orrenda pronuncia) e della psicologa sono anche peggiori – a tutti gli spettatori che capiscono l'inglese, basterà guardare la versione originale per notare la differenza.

 

In questo caso, la tematica vampiresca che caratterizza il film non riempie del tutto il piatto, ma anche la serie televisiva a cui è ispirato si barcamenava tra svariati argomenti fantastici.

 

Siamo di fronte a una fiaba dark, che sempre in bilico tra comicità, fantasia e dramma sentimentale, più che focalizzarsi su elementi come tensione, sangue e vampirismo, si concentra sull’isterico triangolo amoroso tra i protagonisti Barnabas, Angelique e Josette/Victoria. Sono le loro vicissitudini il fulcro della storia, tra gelosie, amori ossessivi senza tempo, vendette, stregonerie, maledizioni e ritorni dal passato...

 

Il prologo è breve ma efficace. Introduce la storia e i personaggi principali, mostrando in epoca settecentesca, intrighi tra amanti voluti o rinnegati, con una classe che non ha nulla da invidiare ai suggestivi vecchi film della Hammer.

Magnifiche anche le riprese dall’alto al basso che il geniale regista ci regala di alcuni dei più inquietanti e al contempo fascinosi paesaggi scozzesi – le inquadrature del dirupo e delle onde del mare che invadono violentemente gli scogli sono di forte impatto.

 

Lo stile è quasi epico, le interpretazioni e i dialoghi perfetti, supportati dalle suggestive e influenti musiche di Danny Elfman.

Poco dopo partono i titoli di testa insieme alla nota che si è arrivati al 1972, circa due secoli dopo.

Fa subito la sua entrata in scena una donna dalla bellezza candida ed eterea che ricorda tanto un personaggio del prologo – chiaro ma indiretto accenno alla reincarnazione.

 

Tim Burton non è solo un regista, è soprattutto un autore di fiabe gotiche e di poemetti brevi spesso illustrati da disegni e schizzi da lui stesso realizzati. Anche questa volta ci mette del suo in una storia classica, senza tempo, che muovendosi nei dintorni di universi paralleli, escursioni temporali e visioni esoteriche, si rivela ipnotizzante.

 

Alcune scene potranno ricordare film come "La morte ti fa bella" (Angelique si scompone come Meryl Streep a un certo punto), "Il mostro" di Roberto Benigni (tipo quando lei gli fa palpare il seno per eccitarlo e poi si mette davanti a lui supina, con le gambe spalancate, per provocargli una reazione), "La guerra dei Roses" e "Mr and Mrs Smith" (le scene delle lotte acerrime tra i protagonisti sono simili), senza contare che la stranezza dei Collins, più che ricordare quella della Famiglia Addams, per certi versi ricorda quella dell’anime "Ransie la strega”.

 

Grottesche alcune citazioni, come quella di "wolf", fatta a Michelle Pfeiffer, o la comparsa di Alice Cooper (sicuramente voluta da Johnny Depp), che permette a Barnabas di fare la battuta: "è la donna più orrenda che io abbia mai visto" – ha uno scopo rafforzativo sulla sua ignoranza riguardo agli usi e i costumi di quella che per lui è una generazione futuristica sconosciuta.

Bizzarra è anche la scena in cui l'attuale compagna di Tim Burton, Helena Bohnam Carter, (presenza ormai fissa da anni nei film del regista), infila la testa tra le cosce di Barnabas, svelando una sfumatura inedita sul mondo dei vampiri: sono sensibili alla fellatio!

 

Memorabile resta nella trama il rapporto d'odio e amore tra Barnabas e la strega.

"Non ti amo – il mio vero amore è un'altra – mi hai fatto diventare un mostro – dammi una sola ragione per non ucciderti – ti farò processare per stregoneria e bruciare tra le fiamme – sei la prostituta di Belzebù, meretrice del Diavolo e bla bla bla" le dice il vampiro, ma tra una lotta e l'altra, si accoppiano come due criceti in calore, alla faccia dell'eterno amore che lui dichiara di provare per Josette. Quando Angelique apre le gambe non resiste, così volano, si sbattono da una parte all'altra della stanza, ricordando le coreografie delle lotte di Matrix. Poi, quando tutto finisce, Barnabas ribadisce ad Angelique di essere attratto da lei, ma di non amarla, e la molla ancora...

 

Il film ha diversi altri preziosi momenti esilaranti. È proprio la figura in sé per sé del vampiro risvegliatosi in un mondo totalmente diverso dal suo, in cui appare agli altri come una specie di matusalemme, a fare sorridere e a intrattenere.

Tutto quello che Barnabas non conosce, spesso lo interpreta come un satanismo o un maleficio. Indimenticabile la scena in cui scambia la gigantesca lettera "M" di un McDonald, per il simbolo di Mefistofele!

 

A conti fatti, dunque, quest’opera è una mezza satira dell’orrore stilisticamente simile a "Beetlejuice – una sorta di parodia sull'esorcista.

 

Il mondo freakniano di Tim Burton si lascia perciò ammirare nuovamente in un film brillante che non vuole raccontare per l’ennesima volta tematiche consunte e abusate per decenni, ma tenta di trasformare il tutto in una giostra di puro e sano piacere, ovvero in uno show rilassante e inedito, capace di cogliere gli aspetti più impensabili che caratterizzano la vita di un normale essere umano che si risveglia vampiro dopo circa duecento anni.

 

È una storia diversa: ora antica, ora moderna; ora tragica, ora comica; ora romantica, ora sensuale, in cui ogni personaggio ha un segreto oscuro e qualcosa da confessare.

 

Non manca comunque un pizzico di brivido nella trama, grazie alla presenza di qualche fantasma, che di tanto in tanto, si manifesta (buoni gli effetti speciali), ma anche le inquadrature strategiche dall'alto al basso degli interni della villa antica dei Collins, ricca di preziosi e significativi cimeli, fanno la loro parte.

 

Sceneggiatura impeccabile, con dialoghi irresistibili e spesso memorabili; trama ben sviluppata; scenografie e ambientazioni affascinanti; ritmo costante; narrazione intrigante; personaggi ben caratterizzati e colonna sonora adeguata.

Solo i trucchi andavano migliorati. Per esempio, quello usato per il personaggio di Barnabas è un po’ eccessivo. Si notano le strisce ispessite di fondotinta bianche sul suo viso, che quindi fanno sembrare il suo pallore poco naturale. E poi, perché ostinarsi a conciarlo con la stessa orrenda pettinatura che aveva Johnathan Frid, nella serie televisiva (anni ’70) e nel film riassuntivo – molto diverso da quello di Burton, sia come trama che come caratterizzazione dei personaggi.

 

Discorso simile per la naturale bellezza di Eva Green, che non doveva essere alterata!

Inguardabile con i capelli biondi.

 

Per non parlare dell’attuale compagna del regista, un’adorabile brunetta riccia a cui il rosso pel di carota conferisce un aspetto quasi alieno.

 

A conti fatti, Michelle Pfeiffer e Bella Heathcote sono quelle sistemate meglio.

 

Make-up a parte, il cast scelto è perfetto. Ogni attore calza a pennello il ruolo affidatogli.

 

Eva Green è una strega ineccepibile. Conduce lei il gioco, rubando un po' la scena a Johnny Depp con la personalità estrema e folle che la contraddistingue.

 

Johnny Depp, a parte il look molto irrealistico, quasi cartoonesco, è come al solito perfetto e ottimo intrattenitore nel ruolo del freak vittima di un romanticismo maledetto che persegue fino alla fine. E proprio come in “Edward, mani di forbice”, finisce con il mettersi contro una massa di gente che lo trova strano e pericoloso.

 

Michelle Pfeiffer è impeccabile, intensa e carismatica nel ruolo della matriarca di casa, saggia e coraggiosa.

 

Bella Heathcote è l’incarnazione perfetta del vero grande amore della vita di Barnabas che ha attraversato i secoli per ricongiungersi con lui, restando la donna candida, dolce e onesta di sempre, ma le cui reminiscenze psichiche non sono mai state comprese dai suoi genitori, che la credevano pazza.

 

Helena Bonham Carter ha poche scene, ma significative. Superba nella parte di una psicologa ambigua e furba.

 

Chloe Moretz si cala con disinvoltura nei panni di Carolyn, un’adolescente acida, smorfiosa, antipatica, burbera e solitaria.

 

E, naturalmente, si lascia ricordare il cameo di Christopher Lee. Interpreta un uomo che viene ipnotizzato da un vampiro – scena ironica per l’attore per eccellenza dei film vampireschi.

 

Un film in definitiva godibile e squisitamente citazionista, con un epilogo epico e romantico, degno del prologo.

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