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Elio Petri... appunti su un autore

Regia di Federico Bacci, Nicola Guarneri vedi scheda film

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GIMON 82

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La recensione su Elio Petri... appunti su un autore

di GIMON 82
9 stelle

Ritratto di un autore "dimenticato", sono i suoi appunti a parlare,trascrivendo annedoti,scelte e sguardi sulla vita........

Robert Altman,Ursula Andress,Franco Nero,Vanessa Redgrave,Bernardo Bertolucci,Giuliano Montaldo,Marco Risi,Ennio Morricone,la moglie Paola e il sodale Ugo Pirro passando per i critici Jean Gil e Marco Giusti.Voci di cinema e non a testimoniare una voce scomoda d'un mondo italico impegnato e polemico,arrabbiato a priori contro una politica e una societa' disfattista.

Elio Petri nasce a Roma nel 1929 in pieno regime fascista,appartiene ad una famiglia del ceto basso,ma questo non gli impedisce di appassionarsi gia' adolescente alla lettura e sopratutto al cinema,manifestando un vincolo quasi sacro per le pellicole americane.

Gia' a 16 anni scrive per un giornale locale,per poi a 20 anni diventare critico cinematografico per le pagine de "L'UNITA'",ma è l'incontro col regista Peppe De Santis ad avviarlo come aiuto regista verso una folgorante quanto controversa carriera.

Dall'esordio col thriller "sociale" "L'assassino" nel 1961,passando per l'omaggio paterno nei "Giorni contati" (1962) e culminando per i capolavori come "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" (1970) e la "Classe operaia va in paradiso" (1971)

Sono scampoli di grande cinema,difficilmente liquidabili con l'aggettivo tanto decantato del "popolare",il documentario di Federico Bacci tralascia queste "ipotesi",dedicandosi attraverso le didascalie alle frasi di un autore sensibile per indole e vocazione,la cui adolescenza è pervasa dall'angoscia verso "la morte" dove l'unica salvezza esiste nelle sale cinematografiche.Sono frasi toccanti,sublimate dalle voci degli intervistati che conoscevano "il tracagnotto" romano Petri per dirla con le parole di Montaldo.

Ma piu di ogni altra cosa sono gli "aforismi" di Petri ad entrarci dentro,penetrando nei flussi della coscienza e risvegliando cosi' una vocazione umana e civile che oggi abbiamo perso.

 

"Per fare un film bisogna avere,oggi,molta follia e molto amore per il cinema.E questo è,probabilmente l'unico aspetto positivo della faccenda."

 

"La fede l'ho perduta mentre andavo scoprendo il senso della morte  e della politica.Il senso della morte era un ossessione.In certi momenti il sentimento della morte era cosi' forte che non riuscivo piu' a mangiare e a dormire.E' cominciato piu' o meno quando è morta mia nonna ed è durato fino ai ventun anni.Non mi lasciava mai.Mi rifugiavo nei cinema per non pensarci......."

 

"Si diventa registi a questo modo,facendo degli errori,imparando a fronteggiare personalita' cosi' potenti come De Laurentis e Ponti .C'è un momento in cui non si puo' fuggire di fronte ai produttori,anche questo fa parte del mestiere......"

 

"Nell'ultimo periodo della mia vita io ho fatto film sgradevoli....Si,film sgradevoli in una societa' che ormai chiede la gradevolezza a tutto persino all'impegno.......I miei film oltrepassano addirittura il segno della sgradevolezza...A cosa è imputabile questo? Perchè faccio film cosi'? Evidentemente è per via di una netta sensazione di essere arrivato al punto in cui mi pare che tutte le premesse che c'erano quando io ero ragazzo,si siano proprio vanificate.La societa' ha preso tutto un altro indirizzo,e in me questo non poteva lasciare una traccia profonda......"

 

 

Sono echi profondi di una voce lungimirante e antiautoritaria,scontratosi piu' volte con il gotha italiano dei produttori "padroni",tanto che Petri si affido' per produrre i suoi film ad emeriti sconosciuti come produttori di piastrelle o stravaganti contesse.

Tutto questo è il metro di una misura morale che affonda le  radici nel tempo che fu,un post sessantotto in piena crisi politica di valori o idee,di poliziotti reazionari o di fabbriche di crumiri al soldo capitalista.Petri col suo fare duro e a volte scorbutico si "alleo' " con l'altro "rivoluzionario" Volontè dando vita ad un ritratto esagitato e profetico di una societa' italiana senza valori o riferimenti.

Quest'ottimo documentario ci restituisce quel periodo nelle voci di chi ha vissuto quell'epoca,che sia Montaldo o Maselli Bacci fa parlare Petri attraverso di loro,usufruendo delle immagini icastiche di film come "Indagine......" o "la classe operaia......" pezzi da cinema forte e compatto ed entrato nella memoria collettiva.

Ma non bisogna erroneamente pensare a Petri come a un autore solo "d'impegno" dato che nella sua carriera si è cimentato con diversi generi,forse caso unico nel cinema italiano (di allora) di un regista che ha percorso un sentiero variegato,costruendo drammi individuali come nei "Giorni contati" andando oltre con la fantascienza "pop" nella "Decima Vittima" (1965) sino ad arrivare al "giallo" astratto di un "Tranquillo posto di campagna" (1968) e culminando nei manifesti "teorici" e metafisici della "Proprieta' non è piu' un furto" (1973) e del controverso "Todo Modo" (1976).Vale la pena di concentrarsi con questa sua (pen) ultima opera per il cinema,un manifesto grottesco e profetico sul decadimento della DC,opera di sconvolgente osticita' e pregnante nell'uso degli scuri che manifestano la perdita di valori e speranze di un intera classe politica.Un film che termina con la morte del ministro "M" personaggio come chiaro richiamo ad Aldo Moro che due anni dopo verra' barbaramente trucidato dalle "BR".

Questo nefasto episodio porto' "Todo modo" alla scomoda "nomea" di film maledetto che ancora oggi dopo censure e roghi rimane immutata nel tempo."Todo Modo" come "Indagine......" o "La classe operaia"......scorrono qui in in questo documentario per ricordare o "appuntarci" la presenza di Petri,uomo colto e provocatore,figlio di una generazione di autori e intelettuali di fervente impegno.Dalla "Proprieta' non è piu un furto in poi" la carriera di Petri andra' rovinosamente in caduta,sintomo di un cinema sempre piu' sovresposto a dilemmi e congetture di un mondo oramai schiavo del becero consumismo.Anche il pubblico andava anestetizzandosi verso l'omologazione post "boom" e uno come Petri non sopportava tutto cio',la depressione e la conseguente malattia lo strapparono dall'amore per il cinema e la vocazione idealista che dalla fine degli anni settanta ando' scomparendo,lasciandoci desolatamente vuoti e meno "impegnati".Per fortuna "diari" come questo documentario e sopratutto gli splendidi fotogrammi dei suoi film rendono Petri non piu' un "dimenticato" ma semplicemente "immortale".....

 

 

 

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