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Red State

Regia di Kevin Smith vedi scheda film

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La recensione su Red State

di munnyedwards
7 stelle

Nei titoli di coda i nomi degli attori vengono divisi in tre diverse categorie: sesso, religione, politica, tre gambe di un tavolo che non potrà mai stare in piedi, manca infatti un ultimo “sostegno” e noi ci mettiamo il rosso del sangue, il rosso di Red State.

Non sono un fan di Kevin Smith, anche se sarebbe più corretto dire che non sono un fan delle commedie demenziali, l’unico film che ho visto è stato Dogma, che tra l’altro non mi era dispiaciuto, stavolta il factotum “autore” (regista, sceneggiatore, produttore) si cimenta con l’horror e quindi da appassionato non potevo mancare l’appuntamento.

 

John Goodman

Red State (2011): John Goodman

 

Quanto pensi che costi una croce così?”

Intendi in dollari o in buon senso?”

 

Tramite internet tre ragazzi in cerca di avventura si mettono in contatto con una prostituta di zona, quando arrivano all’incontro trovano una donna non più giovanissima che vive in una roulotte (Melissa Leo), la donna li fa entrare e gli offre delle birre, i giovani sono pronti ad affrontare una selvaggia notte di sesso ma cadono stecchiti come mosche, le birre erano drogate e per loro comincia un vero e proprio viaggio all’inferno.

Quando si risvegliano si ritrovano infatti nella chiesa del pastore Abin Cooper (mefistofelico Michael Parks), un fanatico religioso di quelli completamente fuori di testa, il suo monologo da esaltato dura una ventina di minuti e le sue invettive contro gli omosessuali e la decadenza della società moderna non lasciano dubbi, come se non bastasse attaccato ad una croce c’è un tizio che sta per essere giustiziato.

Più che un vero e proprio horror siamo dalle parti di un film politico presentato nell’ottica di una satira viscerale e scorretta, nella notte di terrore messa in piedi da Smith (autore anche di soggetto e sceneggiatura) non c’è spazio per figure positive, il palcoscenico è dominato da personaggi malati, ipocriti, opportunisti, il regista presenta un ritratto deforme di una società ormai irrimediabilmente contaminata e fuori controllo, quando arrivano i “buoni” guidati da un sempre efficace John Goodman ci accorgiamo che anche i rappresentanti dell’ordine e della giustizia sono ormai vittime di un sistema avvelenato.

Naturalmente il particolare stile di Smith è subito lampante, l’irriverenza e l’eccesso, il grottesco e l’ironia, tutto si mescola ad una messa in scena che strizza l’occhio al cinema di genere presentando un buon ritmo e uno sviluppo narrativo frenetico ma sempre ben gestito.

Il plot non concede punti di riferimento, si parte con questi tre ragazzi e la loro avventura sessuale per ritrovarci poi nel mondo malato di un uomo di fede che ha fatto del suo dogma un arma spietata, certi estremismi nella bigotta America non sono certo una novità, la fredda ed essenziale cronaca ci ricorda che spesso la realtà supera la fantasia, lo stesso discorso si applica agli uomini di legge, preoccupati di coprire errori di procedura e pronti a fare una strage, fanatici religiosi o terroristi è lo stesso, l’importante è che non ci siano testimoni e che resti una sola versione della storia, una sola verità.

 

Michael Parks

Red State (2011): Michael Parks

 

scena

Red State (2011): scena

 

Le persone fanno le cose più strane quando credono di averne il diritto”

Ma fanno cose ancora più strane quando credono semplicemente”

 

Red State è un film vigoroso che è impossibile non legare alla stretta attualità, stranamente la pellicola sembra più “centrata” oggi di quando è uscita (presentato al Sundance nel 2011 è poi andata direttamente in home video), descrive un America da luna park dell’orrore, forzatamente su di giri ma pienamente in sintonia con le storture di una nuova amministrazione che sta già palesando i suoi limiti, storture che ad essere onesti sono da sempre elementi cardine di un paese pieno di gigantesche contraddizioni.

Si potrebbe sostenere che Kevin Smith “cazzeggia” anche stavolta mascherando il suo divertissement di uno spessore che in realtà non possiede, in parte è una critica che ci può stare, resta il fatto che il film pur considerando la sua forma rozza, i suoi eccessi e una dimensione narrativa chiaramente votata alla satira di grana grossa regge alla grande dall’inizio alla fine, intrattiene a dovere e azzecca almeno un paio di sequenze che si lasciano ricordare a lungo.

Cast di ottimo livello, Parks gigioneggia forse troppo ma il suo monologo ipnotizza lo spettatore, Melissa Leo è semplicemente perfetta (come gli capita sempre, una delle attrici più sottovalutate di sempre), Goodman interpreta il personaggio più difficile, pieno di dubbi e travolto dagli eventi, Smith gli regala una magnifica chiusura nel prefinale, tutta meritata, in piccolissimi ruoli anche Anna Gunn e Kevin Pollack.

Voto: 7.5

 

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