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Shame

Regia di Steve McQueen (I) vedi scheda film

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La recensione su Shame

di giorgiobarbarotta
8 stelle

Della solitudine e alienazione. Fotografato benissimo da Sean Bobbit a pennellate di eleganti ed algidi grigi blu da yuppies alla Bret Easton Ellis, il film piú che dire preferisce procedere per omissioni, limitandosi ad una storia semplice ed ossuta con un paio di personaggi tanto complessi quanto ritratti in modo volutamente frammentario, un quasi cutup da voler lasciare allo spettatore tutte le ipotesi e le considerazioni del caso. L'approfondimento dunque, come vincolo morale dell'opera di McQueen, spetta al pubblico. Il regista preferisce portare in scena il fatto, lavorando con tempi inusuali (dilatandoli come nella corsa notturna di Brandon o nell'esibizione canora della sorellina Sissy), con mano ferma e senso dell'equilibrio, lasciando alla materia l'essenza dell'inquietudine, del disagio e della patologia, senza mai eccedere o affondare il colpo definitivamente o volgarmente, risultando dunque credibile e disturbante al punto giusto. C'è stile in questo cinema, che risulta ben fatto e meno per palati forti di quanto possa sembrare di primo acchito. Bisogna altresì spogliarsi (come da subito fa il protagonista, incipit d'ottima intuizione, programmatico e schietto) di pregiudizi e perbenismo, armandosi piuttosto di grande onestà e forza introspettiva. La sfida per chi guarda è cercare possibili punti d'osmosi per interrogarsi. Buona la prova degli attori. Sullo sfondo, nell'anima e nelle viscere l'enigmaticità e la latente lascivia dei meandri della Grande Mela. 


Voglio essere parte di lei
New York, New York
Queste scarpe vagabonde, continuano a vagare
Dritte fino al suo vero cuore
New York, New York

Voglio svegliarmi, in una città che non dorme mai
E scoprire che sono il re della collina
Al top del successo

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