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On the Road

Regia di Walter Salles vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su On the Road

di miss brown
6 stelle

Francis Ford Coppola acquistò i diritti dell'indiscusso capolavoro di Jack Kerouac ON THE ROAD nel lontano 1985, ma non trovò mai il momento o lo stimolo giusto per trarne una sceneggiatura. Folgorato dalla visione de I DIARI DELLA MOTOCICLETTA, nel 2004 mise in mano il progetto al brasiliano Walter Salles, il quale ha scritto e riscritto il copione una decina di volte insieme al suo fedele sceneggiatore José Rivera. Il quale copione, fedele nei tempi al testo benché inevitabilmente tagliuzzato, narra dei viaggi avanti e indietro per gli States, da New York a San Francisco e ritorno, più e più volte, passando a volte per Denver a volte per l'Arizona o la Louisiana, compiuti fra il 1948 e il 1951 da Jack Kerouac, giovane aspirante scrittore newyorkese di famiglia borghese di origine franco-canadese, e dalla sua allegra combriccola di giovanissimi svitati, alcolizzati, drogati, erotomani, fuori di testa, che diedero vita, al termine del loro percorso di crescita, a quella che sarebbe stata chiamata la Beat Generation.
Viaggi che avvennero in gran parte a bordo della mitica Hudson Commodore rubata a Los Angeles dall'appena uscito dal riformatorio Neal Cassady, un'auto delle dimensioni di un monolocale in cui si svolge forse un terzo del film, un vero personaggio in più: su quell'auto Jack e Neal e a volte la sua 15enne (!!!) moglie Louanne mangiano, dormono, fumano un po' di tutto, fanno sesso, litigano e parlano, parlano, parlano. Viaggi allegri ma non gioiosi, sempre con l'incubo della polizia stradale e della mancanza di soldi, rubacchiando qua e là per mangiare e fare benzina, ma senza mai farsi mancare marijuana, alcool, benzedrina e puttane.
E poi viaggi compiuti da Jack in solitudine, in autostop, guadagnando qualcosa facendo l'operaio a giornata o il bracciante nei campi di cotone, attraverso un'America miserabile appena uscita dalla Seconda Guerra Mondiale, dove le strade sono ancora per la maggior parte sterrate e non c'è traccia delle moderne Motorways. Viaggi senza una meta o un vero motivo, in un loop interminabile e apparentemente autodistruttivo.
Filmato in molti mesi per 7.000 chilometri in giro non solo per gli Stati Uniti (paesaggi davvero intatti era difficile trovarne, alcune scene sono state girate in Canada, Messico e addirittura in Patagonia) con uno sforzo produttivo non indifferente, è magnificamente fotografato da Eric Gautier, già in I DIARI DELLA MOTOCICLETTA e INTO THE WILD, mentre il montaggio, a volte lento a volte serrato, è di François Gedigier, che aveva lavorato in precedenza a LA REGINA MARGOT e DANCER IN THE DARK.
La splendida colonna sonora è composta in gran parte da brani jazz e blues d'epoca, da Charlie Parker a Billie Holliday, mentre le parti scritte da Gustavo Santaolalla (Oscar per BABEL e I SEGRETI DI BROKEBACK MOUNTAINS) sono eseguite da Charlie Haden e Brian Blade.
 
Il regista Walter Salles sbaglia invece completamente la mira: è una storia di giovani uomini e donne in cerca di “qualcosa”, e la loro ricerca passa ANCHE attraverso l'assunzione di ogni sorta di sostanze e la totale promiscuità sessuale. E' in quell'ANCHE il nodo: nel film Jack, Neal e Louanne non fanno quasi altro che bere e drogarsi e scopare in vari modi e formule, ma le molte scene di sesso non comunicano allo spettatore un briciolo di emozione e sensualità. Il fascinoso e vitalissimo Neal Cassady, noto nel giro per aver rubato oltre 300 auto e per non farsi scappare neanche una ragazza, viene rappresentato alla fin fine come un teppistello di serie B che occasionalmente si prostituisce, incapace di tenersi un lavoro per più di 3-4 mesi e capace invece di mettere ripetutamente incinta la sua seconda moglie Carolyn a San Francisco, tenendosi per amante Louanne durante le sue scorribande. La quale Louanne, dipinta negli anni '60 dal nascente femminismo come un esempio di “donna liberata”, un'adolescente che sceglie di gestire consapevolmente il proprio corpo, diventa qui una stupidella ninfomane, incosciente e strafatta, che solo alla fine si ribella alla schiavitù sessuale a cui Neal la sottopone, si prostituisce per raggranellare qualche soldo e se ne torna a Denver dove sposerà un marinaio. Mentre Carolyn, simbolo e campione di quel 50% di donne americane costrette ad allevare i figli senza un padre presente, appare qui come un'isterica e lagnosa donnetta, che si è messa col cattivo ragazzo e chissà che si aspettava. Lo stesso Jack Kerouac passa per un figlio di mamma perbenista ed egoista, che appena si è fatto un nome e due soldi si rivela incapace di amicizia e lealtà verso il compagno di tante avventure, pur avendolo preso come modello per il protagonista del libro che gli ha dato la notorietà.
Non si chiedeva un'apologia della Beat Generation, nessuno di loro avrebbe voluto essere considerato un eroe. Trasformare un gruppo di giovani sbalestrati quanto si vuole, alla ricerca di un loro posto nel mondo, in puri e semplici candidati a morte precoce per cirrosi epatica e malattie veneree, è stata un'operazione moralistica, delittuosamente semplicistica e riduttiva.
 
Prima dell'inizio del film mi chiedevo che cosa ne sarebbe uscito se Coppola avesse trovato 20 anni fa il coraggio di mettere mano alla benedetta sceneggiatura e l'avesse fatta interpretare a Brad Pitt o Matt Dillon o Kevin Bacon o Johnny Depp: probabilmente un irraggiungibile capolavoro. E invece proprio il cast è incredibilmente il vero punto di forza di questo film. Per tutti tranne uno, o meglio una: Marylou ovvero Louanne Henderson; una parte che sarebbe stata perfetta, nella mia ipotetica distribuzione retrò, per l'allora androgina Uma Thurman come per le lynchane Patricia Arquette o Sherilyn Fenn, malauguratamente è stata assegnata alla sogliola Kristen Stewart, che del suddetto pesce condivide l'espressività degli sguardi, la sensualità e (pardon) le tette.
Il 32enne inglese Sam Riley interpreta con passione e il giusto stupore Sal Paradise/Jack Kerouac, convincente anche nei lunghi, a volte interminabili monologhi che interpreta come voce narrante.
Il 28enne Garrett Hedlund, che ha iniziato la carriera come Patroclo nel terrificante TROY con Brad Pitt, ed è apparso nel recente TRON, non sembra fare nessuna fatica a trasformarsi nel trascinante, affascinante, carismatico, sensuale, pazzo Dean Moriarty/Neal Cassady, il vero protagonista del film.
Il 26enne britannico Tom Sturridge, già interprete di I LOVE RADIO ROCK, è il sognante e stralunato Carlo Marx/Allen Ginsberg.
Troppo breve purtroppo la scena, poco più di un cameo, interpretata dal sempre grande Viggo Mortensen e da Amy Adams, gli strafattissimi Old Bull Lee/William S. Burroughs e la sua compagna Jane/Joan Vollmer.
Kirsten Dunst appare un po' spaesata nella lagnosa parte di Camille/Carolyn Cassady.
Impagabile nella sua indescrivibile scena (qui sono costretta ad autocensurarmi) il solo e unico Steve Buscemi: vedere per credere.
 
Peccato, un film visivamente bellissimo, ma completamente senz'anima a causa dell'incapacità di un regista che qui contende a Lasse Hallstrom la palma di peggiore dissipatore di talenti del cinema attuale.

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