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La cosa

Regia di Matthijs van Heijningen Jr. vedi scheda film

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La recensione su La cosa

di GIANNISV66
6 stelle

Ci vuole del coraggio ad affrontare un confronto con un maestro indiscusso (e indiscutibile) come John Carpenter.

Ci ha provato l'olandese Matthijs van Heijningen Jr., al suo esordio sul grande schermo dopo una lunga esperienza come regista nel campo della pubblicità, e lo ha fatto con la dovuta dose di incoscienza.

Presentato al pubblico non come un semplice remake bensì come un prequel della vicenda narrata da Carpenter nel 1982, questo La Cosa a conti fatti non sfugge ai richiami col suo illustre predecessore.

E così, al di là del fatto che in effetti il film narra gli accadimenti che precedono quelli raccontati da Carpenter, non può non sfuggire all'occhio dello spettatore attento e, soprattutto, buon conoscitore della pellicola del 1982, come il debito verso quest'ultima sia piuttosto evidente.

In altre parole se la storia costituisce in effetti il prequel de La Cosa di Carpenter, ovvero il ritrovamento da parte dei membri della base antartica norvegese di una astronave e, soprattutto, dell'entità aliena intrappolata nel ghiaccio, con tutte le catastrofiche (e immaginabili) conseguenze, nel corso della narrazione sono palesi i riferimenti e, in qualche misura, gli omaggi che van Hejiningen vuol rendere al suo illustre predecessore.

Le ambientazioni, i corridoi bui illuminati da fioche lampadine, il senso dell'assedio, le diffidenze fra i membri, finanche le figure di alcuni personaggi (pensiamo a Lars, il factotum con la passione per i cani, che ricorda anche fisicamente il Clark de La Cosa versione 1982).

 

In realtà si ha l'impressione che il regista abbia voluto rendere omaggio a una stagione della fantascienza a tinte horror, che proprio nel periodo in cui Carpenter realizzò il suo La Cosa, conobbe una stagione fortunata dal punto di vista della creatività.

E infatti si coglie ben più di un richiamo alla pellicola con cui il genere raggiunse il suo vertice, ovvero Alien di Ridley Scott.

La scelta di dare il ruolo del protagonista a un personaggio femminile  (forse dettata anche dalla volontà di evitare imbarazzanti confronti con il Mac Ready di Kurt Russell) e, soprattutto, alcuni scorci dell'astronave aliena, sono elementi che in qualche misura forniscono degli indizi allo spettatore.

Il fatto è che questa pellicola deve essere ponderata proprio sulla base degli elementi sopra citati, un omaggio a un certo modo di fare cinema senza alcuna pretesa di innovazione.

Visto sotto quest'ottica il lavoro di van Heijningen può anche risultare pregevole, la storia tutto sommato scorre fluida e l'ambientazione risulta assolutamente centrata.

Viceversa se si fa una valutazione più generale e senza le considerazioni di cui sopra allora ci si trova di fronte a un film che non si eleva certamente sopra la media; anzi, considerando che il metro di paragone è la pellicola carpenteriana, allora è inevitabile rilevarne i limiti.

Limiti evidenziatati anche dalla recitazione dei protagonisti, nel complesso piuttosto anonima. In particolare delude Mary Elizabeth Winstead nei panni della protagonista Kate Lloyd, e la cui prova non va oltre la sufficienza.

Alla fine l'interpretazione migliore è quella di Ulrich Thomsen, nel ruolo del Dottor Sander Halvorson, lo scienziato che intravede nella creatura la scoperta che lo potrebbe portare alla notorietà e che tenta di evitarne la distruzione (un po' come l'androide Ash in Alien, giusto per trovare un'altra citazione).

In conclusione un film che può essere apprezzato solo evitando scomodi paragoni, altrimenti si rischia di restare delusi dalla visione.

 

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