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Operation: Endgame

Regia di Fouad Mikati vedi scheda film

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La recensione su Operation: Endgame

di supadany
4 stelle

Quando si cerca di andare oltre ai soliti schemi, è facile ottenere benevolenza da parte del pubblico, purtroppo Fouad Mikati, assieme ai suoi collaboratori (tra i produttori figura anche Richard Kelly), lo fa senza una reale cognizione di causa, appoggiando un contesto a tinte fosche su un sistema che presenta troppe falle, a partire da un cast sbilenco, che non rende giustizia a chi qualcosa di più avrebbe potuto dare.

Durante il passaggio di consegne tra George W. Bush e Barack Obama, il sistema spionisco americano è in subbuglio e nei sotterranei di Los Angeles un gruppo d’elite si ritrova rinchiuso all’interno della loro sede segreta con un meccanismo di autodistruzione attivato.

Due gruppi si fronteggiano, cercando di capire chi ha ucciso il capo (Jeffrey Tambor) e pure una via di fuga, col novizio (Joe Anderson) che ci si ritrova in mezzo al primo giorno d’impiego, tra una spietata donna di mezza età (Ellen Barkin), un compagno un po’ svitato (Rob Corddry), la sua ex (Odette Yustman) ed il solitario Eremita (Zach Galifianakis) che tutti temono.

 

Maggie Q, Joe Anderson

Operation: Endgame (2010): Maggie Q, Joe Anderson

 

Pellicola raffazzonata, che a leggere trama e cast in sintesi appare nebulosa e che quando si dispiega presenta davvero troppi lati insoluti e più casualità che passaggi che diano la sensazione di essere pensati a tempo debito.

Un’operazione senza capo ne coda, o meglio entrambi ci sarebbero anche, ma poi sono collegati piuttosto male e nel mezzo ci si trova più che altro una mattanza con tanti personaggi sporadici sopra le righe che però trovano il più delle volte poche occasioni per potersi esprimere al meglio.

Il caso emblematico riguarda l’eremita interpretato da Zach Galifianakis (fresco del successo “Una notte da leoni”, 2009, chissà come ci è finito qui) che viene evocato più volte come ago della bilancia, come agente esterno che può dare risposte e che poi in realtà appena compare fa saltare ogni alone di mistero e lascia delusione in abbondanza.

Così funziona anche più in generale, il contesto è assai poco rassicurante, con sfumature grottesche, ma il tenore che s’intraprende, tra esecuzioni e dialoghi astrusi, svilisce un senso più alto e si arriva al finale (che non ci mette tanto a giungere, solo 80 i minuti del film) senza che più nulla possa colpire.

Strampalato anche il cast che mette insieme un bel po’ di nomi visti più o meno spesso, ma senza una gran logica; il ruolo principale è affidato ad un mesto Joe Anderson, il tris di bellezze composto da Maggie Q., Odette Yustman e Emilie De Ravin viene sfruttato solo parzialmente, Ving Rhames e Jeffrey Tambor hanno poche chance, Rob Corddry è fuori dal suo contesto prediletto (la commediaccia), tende ad esagerare (come il film), ma non sempre ciò da buoni frutti; alla fine è Ellen Barkin a lasciare il segno più profondo, di rosso vestita (ed attillata) è spietata ed insidiosa.

Un film troppo assurdo, pieno di idee, ma mancante di troppo pilastri narrativi e privo di una sintesi tra i vari aspetti, finendo più che altro col far storcere il naso.

(Troppo) Confuso.

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