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La Talpa

Regia di Tomas Alfredson vedi scheda film

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La recensione su La Talpa

di chinaski
6 stelle

Vecchie stanze fumose. E fantasmi e ricordi che si muovono negli spazi chiusi. E la malinconia per il tempo perduto e i volti scomparsi. Si diffonde oltre l’intreccio, l’essenza di questo film. Oltre le parole e il genere di appartenenza. E’ nelle facce stanche e invecchiate, nei corridoi percorsi, nelle solitudini di vite che si vanno dissolvendo. Thomas Alfredson cattura particolari, dettagli fisici e di oggetti e li usa come una punteggiatura per la sua narrazione, stratificata e complessa, con repentini passaggi temporali e non sempre si riesce a tenere una mappa mentale delle deviazioni e dei cambiamenti, i vari personaggi appaiono e scompaiono, come presenze lontane, riportare in vita dalla memoria ed è in quel luogo interiore, nella ricostruzione di ciò che è stato e nella ricerca di una possibile verità, che si muove il protagonista, George Smiley (interpretato da Gary Oldman), mentre riannoda i fili della sua esistenza e del suo lavoro.

E il mondo dello spionaggio, così lontano dalla realtà per ognuno di noi e conosciuto, principalmente, attraverso la sua rielaborazione narrativa o cinematografica, è il luogo ideale per la finzione. Identità inventate e passati che non esistono. Storie costruite e dati manipolati. Il mondo dello spionaggio è un mondo narrativo. E le persone che lavorano al suo interno devono trasformarsi in personaggi. E paradossalmente Alfredson lavora in senso inverso, spoglia i personaggi delle loro identità fittizie e cerca di mostrarci l’uomo o la donna che sono. Attraverso i dettagli. E i particolari.

La Talpa è un’opera crepuscolare e pregna di tristezza. Nel gioco delle informazioni, della verità e della menzogna, c’è violenza e sadismo (gli interrogatori, le torture, gli omicidi) ma anche l’umana necessità di essere in continuo movimento e in continua trasformazione. Da un luogo all’altro, da una vita ad un’altra. Poi si esce dal gioco. Si torna alla realtà. Alla vita normale. E rimangono foto e ricordi. E l’odore di quelle stanze piene di fumo. E il luccichio dei bicchieri bassi per i liquori. E la voce del capo.

E poi solo il silenzio della tua solitudine.

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