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La Talpa

Regia di Tomas Alfredson vedi scheda film

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La recensione su La Talpa

di ROTOTOM
8 stelle

Inghilterra, anni 60, piena Guerra Fredda. Tra i servizi segreti al servizio di Sua Maestà si nasconde un traditore al soldo dei russi. La tensione tra mondo occidentale e l’impero comunista è allo spasimo, gli agenti delle rispettive fazioni tradiscono i rispettivi ideali per schierarsi con il nemico. Un continuo scambio di informazioni, uomini  e segreti, un ordito di doppi giochi e maschere quasi inestricabile mantiene in precario equilibrio una pace tesa sui nervi scoperti di due ideologie opposte e speculari.
Un agente in pensione, George Smiley viene richiamato in servizio per scoprire la talpa tra il “Circus”, i capi al vertice del Mi6, l’intelligence britannico e fermarne l’opera sovversiva.
 La Talpa è un glaciale affresco del mestiere dell’agente segreto lontanissimo dalle stravaganze pop dei vari James Bond. Il personaggio di Smiley viene modellato sulla grigia figura di Gary Oldman come un  dimesso e anonimo impiegato di un qualsiasi ministero. Acido e triste, metodico, trattenuto nelle movenze come mosso da solo da un’inerzia vitale , si nutre di sguardi e scartoffie, refoli d’eco provenienti dai corridoi del potere ove si imbastiscono le operazioni più segrete.
Tomas Alfredson regista scandinavo autore dell’ottimo horror  Lasciami entrare (2008), si trova perfettamente a proprio agio nei cupi ambienti entro cui la storia si svolge, lasciando l’azione fuori campo e concentrandosi sullo scavo psicologico e sulle parole. La parola è l’unica cosa rimasta della Guerra Fredda, i racconti, le supposizioni di un concentrato di terrore paranoico che produsse più fantasmi che morti. Alfredson costruisce un diorama di piccoli uomini in interni, un formicaio tagliato longitudinalmente per osservare la vita dei burocrati dei segreti di stato tradirsi tra i cunicoli. Tra uffici spogli, decor anonimo, lo squallore del cervello dell’intelligence rivela squallore umano, crolla l’immaginario romantico dell’agente segreto, perde di fascino la spia ora più simile ad un ragno appallottolato in angolo sudicio immobile alla ricerca di una preda. La trama è complessa e richiede un supplemento d’attenzione allo spettatore, gli eventi sono totalmente narrati dai protagonisti poiché si tratta di un periodo storico ormai trascorso e sepolto, quello che rimane sono le interpretazioni. Spiegazioni e smentite, racconti e menzogne, flashback che smentiscono dichiarazioni, personaggi invisibili narrati come protagonisti. Dettagli rivelatori e lenti, mesti carrelli in interni fissano l’essenza della guerra da dietro le scrivanie in una lotta ipotetica e astratta avulsa dai fatti, più interessata a mantenere una propria ideologia del mestiere della spia piuttosto che difenderne una di stato.
 L’identità del traditore tutto sommato è solo un orpello in uno scenario in putrefazione, le ragioni del tradimento rivelano solo una disperazione slegata da qualsiasi realtà politica. La Talpa è un solido e raffinato thriller fuori tempo, astratto e sorretto da una capacità di messa in scena che si aggancia al film di genere rispettandone gli stilemi ma al tempo stesso rinnovandone l’immagine con taglio personale.  Direttamente dalla Guerra Fredda un film di ghiaccio dalla meticolosa ricostruzione storica della polverosa ambientazione anni 60. La fotografia grigia e desaturata come invecchiata precocemente, entra immediatamente in empatia con le dimesse vite degli agenti segreti formando un corpus omogeneo. Merito del direttore della fotografia Hoyte Van Hoytema che appoggia la sceneggiatura di ferro di Bridget O'Connor e Peter Straughan.
John le Carré, al secolo David Cornwell era una spia, un agente segreto del Mi6 quando venne bruciato da  Kim Philby, una talpa annidata nell’organizzazione e al servizio del KGB che fece saltare la copertura a molti agenti britannici. Tinkler, Tailor, Soldier, Spy che si rifà ad una filastrocca dei bambini, pubblicato nel 1974 è di fatto una biografia dell’autore mascherata da spy story e l’opera più riuscita di le Carré. Lo scrittore  ha posto il clima del ruolo dell’agente dell’intelligence in primo piano rivestendolo di una patina untuosa di realtà altrimenti impossibile per narratori che non provenissero da quel mondo. George Smiley, il suo “eroe” e alter ego riassume su di sé il peso di una vita in controluce, dimessa e anonima, distante anni luce dall’immaginario che letteratura e cinema hanno proposto nel connotare la vita dell’agente segreto.  Dal romanzo, nel 1979 era già stata tratta una miniserie televisiva per la BBC di grande successo, diretta da John Irvin ed interpretata da Alec Guinness nella parte dell’agente George Smiley.
Uno dei migliori film dell’anno.

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