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In Time

Regia di Andrew Niccol vedi scheda film

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La recensione su In Time

di barabbovich
6 stelle

In ossequio al celebre motto di Benjamin Franklin, secondo il quale "il tempo è denaro", nel film di Andrew Niccol la lotta di classe si sposta sull'asse del capitale cronometrico. In un futuro imprecisato gli umani sono geneticamente programmati per vivere fino a 25 anni. Dopo quel momento rimane loro soltanto un altro anno di vita: i più abbienti potranno comprare tempo a volontà fino a diventare quasi immortali; gli altri, la massa, dovranno subire l'inesorabilità del destino. Will Salas (Timberlake), operaio nel quartiere ghetto della città (rigorosamente divisa in zone orarie, altra trovata geniale del film) si ritrova con un inaspettato capitale di oltre un secolo grazie alla donazione di un suicida. Decide allora di varcare le zone orarie e, affiancato dalla figlia ribelle di un cronarca (Seyfried, una autentica caricatura umana), escogita un piano per donare tempo a tutta la popolazione.
Tolta la brillante idea di fondo, il film riprende in parte lo schema di un precedente lavoro dello stesso Niccol, Gattaca, al centro del quale c'era la stessa intuizione di un mondo diviso in classi secondo programmi genetici. Dopo una ventina di minuti, però, l'operazione comincia a traballare, il Robin Hood del tempo si trasforma sempre di più in un supereroe da fumetto o, con la sua sodale, in una versione futuristica di Bonnie & Clyde. La tiritera dello scambio di tempo alla lunga stanca, il custode del tempo (Murphy) che li insegue con piglio da burocrate zelante rasenta il ridicolo e le facce degli attori, tutti ugualmente scarsi, sono pupate come nel 99% dei film destinati ad attrarre il pubblico più giovane. Peccato, perché l'intuizione sociologica che sta dietro al film avrebbe potuto essere sfruttata con meno clangore, il sottotesto con riferimento a uno dei paradossi più noti della relatività (la velocità rallenta lo scorrere del tempo) è più che indovinata e le scenografie sono da applauso.   

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