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Take Shelter

Regia di Jeff Nichols vedi scheda film

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La recensione su Take Shelter

di pazuzu
8 stelle

Gli incubi di Curtis iniziano con delle nubi enormi. Nubi che si addensano si gonfiano e si abbassano. E che non si limitano a minacciare con tuoni e saette, ma scaricano giù una pioggia gialla e densa come olio motore. Curtis si sveglia in preda all'agitazione ma tiene tutto per sé, e cerca di tirare avanti come nulla fosse: vive in una pacifica cittadina dell'Ohio, fa l'operaio in una piccola industria mineraria locale ed è felicemente sposato con Samantha (che si arrabatta gestendo un piccolo banco di abiti da donna), e la principale preoccupazione di entrambi è quella di fare il possibile per aiutare la figlioletta Hannah a superare i problemi relazionali dovuti alla sua sordità, dandole fin da piccola la possibilità di apprendere il linguaggio dei segni, e lavorando sodo per racimolare i soldi necessari ad acquistarle l'apparecchio acustico di cui ha bisogno.
Ma gli incubi sono sempre lì, e si fanno ogni notte più pressanti: perché la tempesta non arriva mai sola, anzi spesso si accompagna a comportamenti aggressivi e incomprensibilmente violenti del proprio cane, degli uccelli, degli amici o dei vicini. Curtis, già confuso e preoccupato, lo è ancor di più quando questi iniziano ad invadere anche la sua realtà: le nubi prendono a manifestarsi ad ogni ora del giorno, i tuoni e le saette lo seguono ovunque, lo allarmano e lo spaventano mentre per tutti gli altri in alto splende il sole.
Quando poi pure dai tg rimbalzano storie di tempeste tossiche, Curtis decide che è arrivato il momento di mettersi al riparo: non solo dalla furia della natura, che, potenzialmente, incombe sul futuro della sua famiglia minacciando di spazzarla via, ma anche da sé stesso, perché, razionalmente, intuisce che quelle allucinazioni sono la spia di qualcosa che non va. E allora la sua reazione corre su un doppio binario: da un lato ampliare sensibilmente il rifugio anti-tornado scavato nel suo cortile per renderlo 'abitabile', azzardando una spesa fuori portata che lo costringe ad ipotecare la casa, a rischiare il lavoro e le amicizie, e a mettere a repentaglio i rapporti parentali; dall'altro, menore della schizofrenia paranoide che già affligge la madre, indagare sullo stato della propria sanità mentale, andando a consultare testi e contattando il proprio medico, che gli fornisce un forte sedativo ed il numero di telefono del miglior psichiatra su piazza.
Presentato al Sundance Film Festival 2011, e vincitore al Festival di Cannes 2011 del Gran Premio Seimane de la Critique (oltre al Premio SACD e al Fipresci) Take Shelter (che vuol dire "mettersi al riparo", per l'appunto) è il secondo film del giovane regista e sceneggiatore Jeff Nichols, un film potente seducente ed inquietante che, calando l'azione in un contesto quantomai radicato nell'attualità (si parla di crisi economica e di instabilità del mercato del lavoro, oltre a lambire il tema dell'inquinamento ambientale), sprofonda lo spettatore tra le psicosi di un uomo comune pienamente convinto della qualità premonitoria delle proprie visioni ma al contempo consapevole del proprio evidente stato confusionale, un uomo diviso a metà tra il terrore per un'ipotetica apocalisse imminente e quello per la gravità della propria condizione.
Ma Take Shelter è anche un film sulla forza dell'amore e del legame di sangue, quello che lega i due protagonisti tra loro ed alla figlia problematica, portandoli sempre ad aiutarsi e a proteggersi anche quando l'evidenza porterebbe a scelte diverse, e a far quadrato contro tutto e tutti, fino anche a restare soli: soli ma uniti.
Ben servito dal commento musicale ansiogeno ma mai invadente di David Wingo e dai puntuali (pur se non strabilianti) effetti visivi in CGI, utilizzati principalmente per mostrare le imponenti evoluzioni dei cumulonembi, Take Shelter ha i suoi punti di forza nell'ottima scrittura di Jeff Nichols e nella sua regia, atte ad imprimere all'intera pellicola un senso di catastrofe imminente (magnifica la scena con la famiglia nel rifugio, nel prefinale, per non parlare poi dello splendido epilogo), e nella convincente prova del cast, con menzione speciale per i due attori principali: la misurata Jessica Chastain, alle prese (come in The Tree of Life di Terrence Malick) con un personaggio votato alla sofferenza, vero elemento di raccordo in una famiglia sull'orlo del disfacimento, e lo strepitoso Michael Shannon (protagonista anche nel film d'esordio di Nichols, Shotgun Stories), che domina la scena con il suo sguardo tra lo stralunato ed il folle e con un'interpretazione tormentata ed emozionante che restituisce al meglio il conflitto interiore di un individuo (scisso, angosciato, perduto) alla disperata ricerca di un nuovo equilibrio.

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