Regia di Glenn Ficarra, John Requa vedi scheda film
Ha ancora senso oggi una commedia romantica come “Crazy, stupid love”? I due registi Glenn Ficarra e John Requa qui raccontano non una ma ben 3 storie d’amore (con i crampi) più un paio collaterali, che si intrecciano e si scambiano di continuo tra equivoci, sorprese (la vera identità del personaggio di Emma Stone), intoppi, trovando il culmine in una goffa e pacchiana rissa tra uomini. La morale? Devi tentare sempre il tutto per tutto per (ri)conquistare la tua anima gemella, come ci ricorda il protagonista (uno spento Steve Carell) nel finale tremendamente scolastico (e non solo perché effettivamente ambientato a scuola). Sceneggiatura diluita fino all’esasperazione, una miriade di tracce narrative in gran parte di una banalità sconfortante (il ragazzino in crisi ormonale che si masturba in cameretta pensando alla baby sitter di quattro anni più grande, in realtà innamorata di suo padre per il quale decide pure di fotografarsi nuda, suscitando un vespaio familiare senza precedenti sarebbero ormai stonati anche in “American Pie”, o anche la penosa vicenda di Emma Stone e del suo noioso fidanzato ufficiale, risolta in modo altrettanto penoso), una regia ben poco ispirata alle prese con personaggi di carta velina che si afflosciano in cliché infantili. Nella prima parte qualcosa si salva, ma l’ultima mezz’ora è il trionfo di un sentimentalismo talmente sfacciato e pedante da non crederci, quasi imbarazzante nel suo triplo happy end, senza un briciolo di originalità e cattiveria (almeno che non si intenda per tale il dito medio che Marisa Tomei fa al protagonista). Gli attori? Per parte maschile, oltre alla comparsata di Kevin Bacon che non lascia traccia, siamo messi maluccio, compreso il palestrato Ryan Gosling alle prese con il peggior ruolo (fino a questo momento) della sua carriera, un personaggio scontato e sconnesso che imita il Patrick Swayze di “Dirty Dancing” per portarsi a letto le ragazze ma poi è vittima di un’involuzione narrativa ai limiti dell’idiozia (la telefonata a Steve Carell per avere consigli su come comportarsi con la ragazza di cui si è davvero innamorato in un ribaltamento di ruoli paradossale lascia di sasso). Per parte femminile Emma Stone è semplicemente decorativa, Julianne Moore si difende con mestiere, Marisa Tomei è sbalorditiva, peccato che il suo ruolo sia ridotto a tre scene(tte). La sua scatenata crisi isterica a scuola, partendo dalla parola “stronzo” scritta sulla lavagna, è l’unico momento veramente irresistibile ed esilarante di un film squilibrato e convenzionale che non ha il coraggio di schiacciare mai il pedale sul grottesco/demenziale e si impantana in un romanticismo ammuffito, poco credibile, fuori tempo massimo, a forte rischio indigestione. Voto: 5
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