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...E ora parliamo di Kevin

Regia di Lynne Ramsay vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su ...E ora parliamo di Kevin

di Gabriele_Las
10 stelle

Un disturbante ritratto madre-figlio, con la migliore performance della carriera di Tilda Swinton.

E ora parliamo di Kevin potrebbe essere tradotto tramite due chiavi di lettura. La prima ben più realista legata al percorso psicologico di Kevin tramite una piramide di interrogativi: Perché Kevin odia sua Madre? Perché è così cattivo, per non dire diabolico? Interrogandoci poi su quanto le frustrazioni di Eva, la cui improvvisa maternità ha distrutto uno stile di vita naif, abbiano contribuito a ereggere una barriera tra lei e il suo appena nato primogenito, e quanto la predisposizione di quest’ultimo ad un atteggiamento di naturale ostilità abbia contribuito a creare un rapporto di odio tra lui e sua madre. Un imprescindibile odio che con il passare degli anni è sprofondato sempre di più in quel torbido confine. Kevin potrebbe essere diventato ciò che è quindi per colpa della madre. Oppure arriviamo alla seconda chiave di lettura più immaginaria: Kevin è un personaggio assolutamente ed esageratamente parodistico. Un essere di puro male che, per quanto Eva si tormenti per le sue colpe e sul suo non essere stata una madre modello, è parte di un ritratto estreamente fantasioso. Quello di una madre che avrebbe potuto avere tutto ma ha avuto Kevin, ed ha vissuto una vita infernale, senza nessun apparente motivo. 

 

Un ritratto inquietante e perturbante è quello che ci mostra la regista Lynne Ramsay, nell’adattamento del best seller, “We Need to Talk About Kevin” di Lionel Shriver. Per quanto dai primi minuti la pellicola possa sembrare lenta, il suo decollo è estremamente graduale, senza accorgersene si viene trascinati in un ciclone di angosce, dal ritmo estremamente ridondante e ossessivo. 

 

Straordinaria la performance di Tilda Swinton, in grandissima forma e al suo meglio nei panni della madre Eva. tormentata, cupa, malinconica e isterica; ogni sfumatura del personaggio non viene a mancare, e l’esordiente Ezra Miller rende con fedeltà il diabolico Kevin; scelta assolutamente azzeccata. Meritevole una regia efficacie, che spazia da percorsi quasi psichedelici, all’estremo minimalismo; cattura l’altalenamento della pazzia e dell’oblio, del vuoto, dei due personaggi protagonisti.

 

E ora parliamo di Kevin, riesce nel suo intento di suscitare un sussulto nello spettatore, quel sussulto che porta  a farsi delle domande. Non spenderete mai una lacrima per Eva, e non avrete ovviamente un lieto fine, i personaggi non avranno redenzione e nessun cambiamento potrà passare per la testa di Kevin, neanche anni di prigione, e la visione di quel falso dolore sul suo viso potranno convincerci che è cambiato. Così come non hanno convinto Eva, come ci lascia nel finale del film. A volte tutto quello che si conosce sull’essere umano, sull’umanità, sui sentimenti comuni, non può essere applicato: i mostri esistono, e non solo nei nostri incubi. Ed per questo che decidiamo di scegliere la seconda lettura del film, per paura che i nostri incubi possano materializzarsi. 

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