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...E ora parliamo di Kevin

Regia di Lynne Ramsay vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su ...E ora parliamo di Kevin

di Kurtisonic
8 stelle

Se dovessimo imputare qualcosa al lavoro della regista Lynne Ramsay, e' la parsimonia con cui realizza film, dall'ormai lontano e folgorante esordio Ratcatcher (1999)  e il successivo Morvern callar (2002) sono trascorsi troppi anni per arrivare a E ora parliamo di Kevin (2011). Frutto di scelte precise che a giudicare dalle sue note biografiche la vedono muoversi all’interno del panorama cinematografico su fronti diversi nel quale la regia probabilmente non costituisce la sua direttrice espressiva primaria. Se nell'opera d'esordio, si parlava di tematiche di denuncia sociale in linea con i tempi, in questo film il cosiddetto tema forte si configura in una messa in scena interiore, la narrazione più che apparato testuale si definisce esclusivamente per immagini, da cui ne scaturisce un linguaggio dinamico e postmoderno dove piacevolmente si infrangono tutti i presupposti di costruzione di un cinema prevedibile. Avvalendosi di una struttura narrativa complessa, il film tratta del rapporto fra la tormentata Eva e il maggiore dei suoi figli, Kevin. Con un livello minimo di gestualità esteriore, lavorando sulle espressioni dei volti e su ciò che rimandano oltre lo schermo, la regia mette in luce l'anima spezzata di Eva, prima di tutto determinata a considerarsi una persona e non solo una madre, in preda alle contraddizioni e allo scontro convenzionale che il doppio ruolo sociale impone. Come paragonare l'amore per sè o quello per il prossimo  che sono parte di un valore modificabile, con quello materno, quello che  viene riconosciuto come uno dei doni innati della natura? Quando poi ci sono eventi tragici fuori dall'ordinario che complicano ulteriormente la già complessa rete dei rapporti familiari la riflessione potrebbe portare ad un dannoso ripiegamento, Ramsay però non abdica per vie mistiche o scorciatoie astratte,  indaga a fondo tutti gli aspetti, anche i più sgradevoli, di un supposto senso di colpa al quale sostituire un nuovo senso d'identità nel quale riconoscersi. Il racconto si snoda su due livelli temporali,  la regia usa la dilatazione del tempo narrativo, la sospende  e la accelera strumentalmente con scatti anche  bruschi, in funzione di eventi che si ricompongono, che ricostruiscono quello scenario interiore  che domina l'animo di Eva. Subito evidente il conflitto con se stessa ancora prima che Kevin
venga alla luce sarà poi il comportamento anti sociale e distaccato del ragazzo a sottolineare un asse che mette a distanza ruoli e affettività che tuttavia posiziona i due sullo stesso identico piano.  Detto dell'essenzialità dei dialoghi in favore di un'immagine estetica molto elaborata, Ramsey inserisce potentemente un senso cromatico che esalta il testo teorico che rappresenta il film nel quale lo spettatore si sente coinvolto, calato completamente nei dubbi di Eva. Il colore rosso che prevale su ogni altro, che diventa corpo, anche inaspettatamente fra oggetti quotidiani e rimandi simbolici che prefigurano i termini di una tragedia dal cordone ombelicale ancestrale, si collegano ad una matrice di ordine "bergmaniano", a quelle pieghe dolorose che hanno connotato rapporti complicati e forme d'amore inespresse, da Sussurri e grida a Sinfonia d'autunno. L'assenza dell'indispensabile sacralità dell'amore filiale viene compensato lodevolmente da Eva con impegno e attenzione verso Kevin evidenziando la predisposizione ad un rapporto più equilibrato e più stabile fra i due, reso impossibile però dalla mancanza di comunicabilità. Quando la vicenda si esplicherà con una certa chiarezza, l'attimo liberatorio finale assume una valenza dai significati profondi e molteplici. Di fronte al passaggio dal carcere minorile a quello per adulti che Kevin subirà, si legge anche la maturazione esistenziale dei due protagonisti, per il giovane che non potrà più crogiolarsi in un eterno stato filiale ricattatorio nei confronti della madre, e finalmente per Eva, al termine di un percorso ad ostacoli nel quale doversi assumere un ruolo che faticava a sostenere. Liberata da una specie di responsabilità dovuta, può esprimere credibilmente tutto il suo sentimento. Acclamato dalla critica,  si avvale di due interpreti davvero azzeccati, Ezra Miller nella parte di Kevin e la magistrale Tilda Swinton nel ruolo di Eva, che si conferma se ce ne fosse bisogno di essere la migliore attrice inglese del momento.


..su bambino, non piangere
 mamma farà avverare tutti i tuoi incubi
 mamma ti inculcherà tutte le sue paure
mamma ti terrà qui sotto le sue ali
non ti lascerà volare ma forse ti permetterà di cantare
 mamma terrà il bambino caldo e coccolato
Oh bambino, naturalmente mamma
ti aiuterà a costruire il muro
......
Madre, c'era bisogno di farlo cosi alto? 

(Mother, Pink Floyd)

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