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Il ragazzo con la bicicletta

Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne vedi scheda film

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La recensione su Il ragazzo con la bicicletta

di FilmTv Rivista
6 stelle

Difficile ricordarsi l’ultima volta che i Dardenne hanno usato della musica, anche se in modo assai austero (e “classico“), come in questo film. È l’unica trasgressione di un cinema che ha offerto la forma pura e granitica di se stesso sin dalla prima pellicola dei suoi autori. Protagonista, stavolta, è Cyril, un giovanissimo che è un “fascio di nervi”, come lo definiscono i registi (ma non erano diversi i giovani di La promesse, di Il figlio, di L’enfant. Una storia d’amore). Cyril non fa che scappare con la testa incassata nelle spalle inseguito da adulti in preda a crisi di nervi. Cosa cerca? Un padre. Ne ha uno che ha cambiato per sempre indirizzo e l’ha lasciato in un centro d’accoglienza. Ma Cyril non si dà per vinto, convince Samantha, una parrucchiera in cui si imbatte per caso, a mettersi insieme a lui, a caccia del genitore. Quando lo trova, cuoco in un ristorante alla periferia di qualcosa, è ancora peggio. Il padre – interpretato da Jérémie Renier che faceva il figlio in La promesse e che ha lavorato da sempre con i Dardenne, crescendo insieme a loro – gli fa capire che non vuole proprio saperne di avere a che fare con lui. Più che un pedinamento semidocumentario, il film ha concentrazioni di drammaticità da horror: la messa in scena della più minacciosa delle fobie - l’abbandono - è compiuta con una radicalità che solo gli intellettuali cattolici, per professione indagatori del Male, possono permettersi. Ci sono anche momenti quasi da Dickens, con Cyril che, come Oliver Twist, viene istruito al furto e al crimine e il finale, sorprendente, è annodato intorno alle conseguenze di un assalto a randellate che il ragazzo compie, su commissione, contro un altro padre – e contro un altro figlio. Nonostante tutto, però, il segreto più dolce del film è in quel titolo. La bicicletta, per due registi che si sentono eredi anche del Neorealismo, evoca il più famoso film italiano con il quale Vittorio De Sica diede forma al mistero più toccante, quello per cui un adulto, e un bambino - come scoprirà Samantha - sentono misteriosamente di non poter fare l’uno a meno dell’altro.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 20 del 2011

Autore: Mario Sesti

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