Regia di Cristi Puiu vedi scheda film
Film radicale nella sua decisa adesione ai presunti canoni di un realismo che il cinema rumeno degli ultimi anni sta cercando di reinventare, prescindendo (per quanto possibile) dagli illustri precedenti: Rossellini, Cassavetes, Kiarostami. Il realismo di Puiu è davvero senza aggettivi. Non ci sono gli intenti didattici, per quanto sobriamente esposti, dell'esperienza rosselliniana, nè l'ipperrealismo insostenibile di Cassavetes, nè la tensione metaforica/concettuale della scuola iraniana. C'è spazio solo per una prosa volutamente priva di accenti e sottolineature, volta a cogliere quasi per caso la vita dei personaggi, gente comune alle prese con il peso della quotidianità. Confrontando quest'opera con le altre principali della cinematografia rumena contemporanea, possiamo notare come, rispetto a Porumboiu ("Ad Est Di Bucarest"), manca un qualsiasi punto di svolta: la vicenda procede con lo stesso ritmo e la stessa intensità per tutti i 150 minuti di durata (quasi in "tempo reale", con qualche necessaria ed irrilevante ellissi), rimandando all'infinito un momento clou che mai arriverà. E' un cinema senza climax e senza catarsi: come una composizione musicale di stampo minimalista, che procede apparentemente sempre uguale eppure non lascia mai cadere l'attenzione dell'ascoltatore, poichè ogni nuovo giro di accordi rivela/nasconde una sensazione diversa dal precedente, così anche il film di Puiu procede secondo una monotonia estenuante, confermata dall'utilizzo di frasi ricorrenti (quante volte il Sig. Lazarescu avrà detto che "il mal di testa è causato dall'ulcera"!), che però non fa mai calare la tensione, la quale rimane costante dall'inizio alla fine, trasmettendo un'angoscia sotterranea, parente di quella del capolavoro di Mungiu "4 mesi 3 settimane 2 giorni", anche se decisamente più dilatata e meno opprimente. Il finale, in un certo senso sorprendente, del film di Puiu, fornisce un'intrigante chiave di lettura alla luce anche del titolo del film, in quanto suggerisce l'idea che la "morte" sia sinonimo di un endemico, costante ed inguaribile stato di malessere fisico, mentale e anche sociale (l'ostilità e l'indifferenza, addirittura il cinismo e l'arroganza, al limite solo una distante compassione, che il Sig. Lazarescu incontra nella sua odissea). Puiu riesce abilmente a rendere persino gli odori emanati dal protagonista, a forza di radiografare minuziosamente non tanto la sua psicologia, quanto la sua fisiologia. Un film materialista quindi, in fondo disperato. Un'opera che nasconde, dietro ad una facciata para-documentaristica, una profonda riflessione morale sull'esistenza e sui modi in cui l'umanità si affanna ad affrontarla. E' significativo che quella che viene considerata la cinematografia nazionale europea più importante dell'ultimo decennio si affidi per lo più ad un'approccio così ostinatamente aderente alla realtà più brada, senza concedersi digressioni, visioni, slanci poetici: eppure un film come questa è estremamente vivo, ricco, complesso. Forse è inevitabile che il cinema europeo, se vuole ancora essere avanguardia espressiva, deve eternamente ripensare al proprio rapporto con la realtà di tutti i giorni, anzichè barricarsi nella rielaborazione fine a se stessa di stilemi consolidati.
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