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Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato

Regia di Peter Jackson vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato

di ethan
6 stelle

La nuova saga tratta dal libro di Tolkien 'Lo hobbit' e suddivisa in tre capitoli, come quella uscita nella precedente decade, ricalca, seppur su un livello inferiore, la trilogia dell'Anello.
Ne 'Il viaggio inaspettato' ritroviamo un gruppo eterogeneo, formato da un giovane Bilbo Baggins (Martin Freeman) e da 13 nani capeggiati da Thorin (Richard Armitage) e coadiuvati dal mago Gandalf (il grande Ian McKellen), impegnato in una spasmodica ricerca, sullo sfondo di un paesaggio meraviglioso che, grazie alla tecnologia in 3D, appare ancora più bello ma, allo stesso tempo, infestato da trappole e insidiato da creature crudeli e malvagie.
Quindi, sulla falsariga del racconto favolistico, Jackson costruisce un film dall'inizio incerto e balbettante, per colpa di lunghe sequenze verbose al limite del didascalico - la presentazione dei nani con le canzoncine tradotte in italiano la trovo irritante - che prende il volo quando l'autore dà libero sfogo all'azione: dall'incontro con i tre affamati troll, dai toni comici, si passa allo scontro con i goblin, dall'aspetto più concitato, per arrivare all'aspra e violenta disputa con gli orchi, parentesi dark vera e propria.
Una parte a se stante è la sequenza tra Bilbo e la creatura dalla doppia personalità Gollum - resa dall'ormai 'esperto' in motion capture Andy Serkis - dalla quale si evince l'odio di quest'ultimo verso gli hobbit e la sua brama nei confronti dell'anello: tale scena è riuscita poiché da un lato non riduce la tensione accumulatasi ma anzi la accresce e, da un altro, costituisce l'introduzione di un personaggio memorabile che fa da trait d'union tra le due serie.
Per quanto riguarda il cast, a dare il meglio sono, oltre a Andy Serkis, i veterani Ian McKellen e Ian Holm (Bilbo da vecchio) e la scoperta Richard Armitage, il cui personaggio gli consente una vasta gamma espressiva; non posso dire lo stesso di Martin Freeman, secondo me monocorde nella recitazione.
Nel complesso un'opera diseguale che, per il suo carattere di incompiutezza, comunque invoglia la curiosità verso la seconda parte.
Voto: 7.

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