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Melancholia

Regia di Lars von Trier vedi scheda film

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La recensione su Melancholia

di chapluz
9 stelle


In questo lavoro di Lars Von Trier ho apprezzato tantissimo il modo, completamente fuori dagli schemi - e al quale ormai ci ha abituati il regista danese - di ribaltare i canoni di un genere, quello catastrofista, che tanta fortuna ha avuto a Hollywood, perlomeno come profusione di denaro per le produzioni.


E infatti il tema centrale del film, che si era distinto a Cannes 2011 per il meritato premio a Kirsten Dunst come miglior attrice, è piuttosto la tendenza delle persone depresse ad agire con più calma degli altri sotto una forte pressione, contrapposta agli atteggiamenti compulsivi, irragionevoli e banalizzanti dei «cosiddetti sani».

 

L'intenzione del regista di esaminare la psiche umana durante una catastrofe - Justine, la protagonista, viene trattata dal regista con rispetto e comprensione, come un essere umano che soffre - ha prodotto un'opera in cui, oltre all'assenza dei tratti tipici del film catastrofico, è volutamente assente l'ambizione di rappresentare realisticamente l'astrofisica, o l’allegoria della scienza e del maschio-alfa-che-tutto-sa, senza il gran ritmo e il gran dispiegamento di effetti speciali usato per coinvolgere a tutti i costi lo spettatore hollywood-dipendente, scelta poco comprensibile per il pubblico statunitense, ma godibilissima per gli europei avvezzi a un certo tipo di prodotto cinematografico.

 

Qui sono ricercatezza e simbologia a permeare la narrazione, a cui è stata destinata praticamente un'unica ambientazione, un'immensa dimora che, con i suoi arredi è, giocoforza, tra i protagonisti. Un esempio tra tutti è il riferimento all'Ofelia dell'Amleto di Shakespeare che, appena caduta nel ruscello mentre coglie fiori, continua a cantare nonostante stia cominciando ad annegare, così com'è immortalata nell'omonima opera del pittore preraffaellita Millais.

 

Ma in questo i primi 8-10 minuti sono, per me, un monumento al coraggio del regista, una sequenza di immagini, come dei quadri tratteggiati con leggerezza e crudezza, che anticipano la fotografia estremamente ricercata e curata di tutta la pellicola, come ad allarmare quei sensi che si vogliono poi risvegliare e colpire nel resto della trama.
Cura della fotografia e movimento sporco della macchina da presa, abbinato al montaggio irregolare, personaggi in difficoltà esistenziale e vicini al delirio, che si scambiano le parti nell'atto finale. Non contare mai troppo sulle proprie certezze più solide: nelle dicotomie ovunque presenti è tutto il messaggio di Melancholia.

 

Per gli interpreti, oltre alla già citata e apprezzata Kirsten Dunst, citazione d'obbligo anche per Charlotte Gainsbourg e per l'indimenticabile Charlotte Rampling, mentre su un piano inferiore si collocano Kiefer Sutherland e tutti gli interpreti dei personaggi maschili, intenzionalmente dipinti dal regista come piccoli uomini, opportunisti e vigliacchi. Tutti tranne uno, il "Little father" interpretato da Jesper Christensen che pianta in asso i suoi datori di lavoro e preferisce, infine, restarsene in pace con la sua vera famiglia.

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