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Melancholia

Regia di Lars von Trier vedi scheda film

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La recensione su Melancholia

di leporello
8 stelle

Dopo il “Rinaldo in Campo” che cantava i testicoli danzanti di Willelm Defoe di “Antichrist”, il (ri)baldo Von Trier si sposta di poco in questo “Melancholia” (che bel titolo!!!), dato che è solo un secoletto piccino piccino quello a separare l’Händel di allora con l’attuale Wagner del “Tristano e Isotta” (e cent’anni son niente quando tutto sta per finire……).  La bella Kristen Dunst, Palma d’Oro di riparazione (direi meglio di risarcimento) a Cannes 2011, è però molto più bella di Defoe e degli attributi di costui, è colorata e bionda, immobile e riflessa, ma come in Antichrist è immersa nella caducità, foglie ed uccelli morti (quello di Defoe sembrava invece piuttosto vispo), fotogrammi quasi statici che paiono una copertina dei Genesis di quando c’era ancora Peter Gabriel, traslocata nell’Apocalypse per l’occasione. Spero che a Von Trier non passi troppo presto la voglia di cominciare i suoi film con queste magnifiche introduzioni che potrebbero essere dei film ultra-brevi a sé stanti.
Poi, per tutta la prima parte intitolata a Justine, il fantastico “Moon-Soon-Wedding” è farina del miglior sacco del regista: impossibile non riandare con la mente a Jan e Bess felici sposi delle Onde Spezzate, la camera che balla, la sposa bionda e  bella che sorride incurante di ogni contrarietà (ma dov’era quel dibattito che Von Trier sarebbe misogino???  Von Trier è timido, egocentrico e incazzato col mondo, e se riserva alle donne, attrici e personaggi,  le peggio cose è perché le ama forse troppo, forse male…).Nella seconda parte, invece, saldati i conti col mondo microcosmizzato nella festa di nozze (fantastica la madre delle ragazze, la sempreverde  Chartlotte Rampling, una sorta di proprio alter-ego messo lì da Lars Von Trier per dire senza peli sulla lingua quelle cose che pensa, al prezzo, l’ultimo pagato in ordine di tempo, dell’ostracismo post-conferenza stampa cannense), la vicenda si intimizza nel mènage a trois tra le due sorelle e il marito di Claire (un po’ stonata la presenza del figlioletto di questi) nella favolistica tenuta di campagna di questi ultimi, in attesa dell’irruzione fatale del pianeta blu. La sequenza finale, esasperata come non mai, lunghissima nell’indugiare sui primi piani e sui dettagli dei tre corpi disperatamente rifugiati nell’illusorio scheletro di tepee, è da antologia.
Non è forse il miglior Von Trier, ma è certamente un Von Trier alle prese con un'interessante evoluzione , iniziata dopo lo spartiacuqe che fu il genialissimo "Il Grande Capo". Per noi suoi fans, ottime apettative. Per tutti gli altri... auguri.

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