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Holy Water

Regia di Tom Reeve vedi scheda film

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La recensione su Holy Water

di ROTOTOM
4 stelle

 

Irlanda, oggi. Paese meta una volta di frotte di studenti universitari in transumanza nelle sue distese brumose per poco prolifici progetti Erasmus ma portatori sani del mito della nullafacenza creativa. Paese risvegliatosi dal sogno della rinascita economica con una crisi finanziaria senza precedenti, dopo essersi ritrovato meta di multinazionali pronte a dislocare milioni di metri cubi di uffici ad uso call center ricolmi di giovanotti deprofessionalizzati e legalmente sottopagati per rompere telefonicamente i coglioni a tutta Europa. L’Irlanda faceva simpatia, dava fiducia all’imprenditoria privata a traino della nuova onda di benessere e poi mutui e finanziamenti e repentino crollo delle banche più importanti del paese. Fine del sogno. Da elfi dei boschi a imprenditori e mesto ritorno  nel breve volgere di un decennio. E’ importante riassumere cosa sia l’Irlanda oggi, perché la vicenda di Holy Water sembra invece calata nella provincia proletaria britannica ai tempi della Thatcher che ovviamente non c’entra nulla. Sembra un film di metà anni 90, con la disoccupazione, la crisi, la mancanza di prospettive e tanta simpatia. Su queste cose la commedia dolceamara britannica ha campato per tre lustri, passando dai mattoni realisti di Ken Loach fino ai disimpegni ludici di Full Monthy (1997) e le derive farsesche di L’erba di Grace (2000). Proprio a questi due film Holy Water si accosta per tematica e intenti aggiornando la figura classica della combriccola di squattrinati organizzati che depressi dal vivere in un buco di villaggio fermo all’età del ferro, sonnolento e noioso, decidono di rubare un carico di Viagra per rivenderlo all’estero. Purtroppo, braccati dagli americani mandati a indagare sul furto, scaricano il prezioso carico all’interno della fonte dalla quale tutti si abbeverano e che si ritiene sia foriera di miracoli. Da qui il nome del film. E il miracolo avviene, gli abitanti del villaggio grazie al rinforzino blu presente nell’acqua, riacquistano gli istinti repressi e la vita ricomincia a scorrere in modo più positivo e godereccio.  Peccato che a dispetto del tema il film – e qui la battuta viene da sé- sia moscio. Una regia incerta e una sceneggiatura superficiale lasciano i protagonisti, quattro buzzurri proletari, un po’ allo sbando. Mediamente simpatici ma nessuno dotato di una verve particolare, si barcamenano in una storia che di verosimile ha poco mentre tutto l’inverosimile restante non diverte. C’è la retorica e la morale, una vicenda che oscilla tra la commedia acida e la farsa senza prendersi alcuna responsabilità verso nessuna delle due direzioni, così si hanno siparietti da film demenziale – gli americani che piombano a indagare sul furto per conto della Pfizer sono ritratti come dei pupazzi J-Joe, caricature senza spessore – momenti di ritrita ironia su aplomb inglese  e cialtroneria americania e la facile contrapposizione dei due mondi, quello rurale depresso ma carico di valori umani, e quello disumanizzato e ridicolo degli ipertecnologicizzati investigatori che sembrano piovuti da un altro pianeta.  Il tutto poco amalgamato, il film procede fiacco e non osa, si dilunga nella prima parte annacquandosi con una comicità dal sapore della barzelletta raccontata per la decima volta, salvo poi non aver coraggio nel mostrare in maniera convincente la trasformazione dei bolsi paesani in assatanati da sesso.   Non c’è ritmo, non c’è precisione nei tempi della commedia, alla storia non ci si crede neppure un po’ e sembra non crederci neppure il regista che tratta il tutto in maniera superficiale e scontata, andando anche a edulcorare quegli aspetti surreali che avrebbero arricchito la vicenda. Soprattutto quando si arriva al dunque e si dovrebbe ridere, non si ride. Una disfunzione ilare che si accorda in pieno con tema, questo film soffre di ansia da prestazione nei confronti dei capisaldi del genere ai quali fa riferimento ma non c’è pillola che possa risollevare certe mancanze di talento.

 Uniche cose da salvare, una Linda Hamilton con il viso reticolato dall’età che, reduce dalle grinfie di Terminator,  fa la parodia a se stessa e le serissime comunicazioni della Pfizer, azienda produttrice del Viagra, prima e dopo il film. “La Pfizer non avalla questo film” ci fanno sapere. L’unica a prendere sul serio questa operina dimenticabile e sciocca, monca della dignità idiota che avevano gli stripper di Full Monty . Sarà che con il Viagra tutto il sangue confluisce in un punto solo lasciando il cervello in balia del nulla.

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