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Tomboy

Regia di Cèline Sciamma vedi scheda film

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La recensione su Tomboy

di supadany
8 stelle

Una piccola delizia per il cuore e per l’anima, il film di Celine Sciamma riesce ad incastonare con estrema cura e naturalezza i sentimenti dei suoi giovani protagonisti e con essi un periodo della vita dal quale tutti siamo passati portandoci dietro tanti ricordi.

Laure (Zoe Heran) si è appena trasferita con la sua famiglia in un nuovo quartiere di Parigi e quando viene casualmente scambiata per un maschio decide di presentarsi a tutti gli altri bambini come tale.

Ma intanto fa colpo su una sua coetanea e l’inizio dell’anno scolastico si avvicina così che la sua bugia è destinata ad essere smascherata nonostante tutti i sotterfugi che nel frattempo ha architettato.

 

 

Celine Sciamma realizza un quadro ben dipinto sul mondo dei ragazzini under dieci, tra occasioni (che permettono si fingersi per ciò che non si è), pulsioni che ancora non si conoscono affatto e tutti quei piccoli trucchi per passarla franca nelle situazioni più complicate (come quando i ragazzini fanno pipì o decidono di andare a fare un bagno).

Un film che scorre assai bene, che entra precocemente nel vivo, che tratta con spontaneità il rapporto tra sorelle (davvero delizioso, vedasi anche l’impegno della più piccola per nascondere il segreto della sorella maggiore) e tutto ciò che contraddistingue la vita di un gruppo di giovanissimi amici alle prese con il buon tempo della bella stagione.

Infine riesce anche a uscirne altrettanto bene quando l’inganno viene smascherato, sempre con una sensibilità notevole (anche quando il disagio di Laure, davanti alla madre che deve chiarire le cose con tutti, diventa difficile da sostenere anche per lo stesso spettatore che, seppur probabilmente in ambiti diversi, vede riaffiorare le “bischerate” del tempo che fu) così che senza scondarsi di come i bambini possano essere crudi e diretti (vedi la decisione con la quale verificano in prima persona il sesso di Laure) allo stesso tempo hanno occhi (percezione e memoria) diversi dei nostri.

Certo, come ha scritto qualche critico “alla fine se ne vorrebbe ancora”, l’opera dura effettivamente troppo poco (circa 75 minuti), ma francamente mi sembra l’unico elemento contro, e solo parziale visto che per il resto la sintesi mi è sembrata esemplare, senza un minuto di troppo o di stanca.

Sincero fino in fondo.

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