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Le miserie del signor Travet

Regia di Mario Soldati vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Le miserie del signor Travet

di Baliverna
8 stelle

*** ANTICIPAZIONE GENERICA DEL FINALE *** E' una commedia, anche se piuttosto acida. Del resto da Mario Soldati, oltre che la solita perizia e scioltezza nel dirigere, non ci si può aspettare tenerezza con i personaggi o un particolare ottimismo. Qui direi che picchia duro, e a volte deborda nel patetico: Travet è circondato da ruffiani, leccapiedi, arrivisti, opportunisti, carrieristi, e per finire una moglie e un bambino viziati. Il più viscido è il personaggio del giovane Sordi, prototipo dell'arrampicatore a forza di servilismi e strusciate sulle gambe di chi comanda; sarebbe stata una macchietta molto presente nei successivi film italiani del periodo del boom economico. Comunque è lo stesso Travet ad essere pavido e remissivo, supino ai capricci di moglie e figlio, e incapace di prendere per le corna la situazione. La sua unica virtù è la laboriosità in ufficio. Le aspirazioni di ascesa sociale della moglie e il disprezzo per chi sta sotto sono in realtà anche suoi, forse aaddirittura con l'aggravante della più ipocrisia e del meno coraggio. Gli unici personaggi positivi sono la povera domestica innamorata, il suo fidanzato  e il caposezione (Gino Cervi), il quale si riserva una doverosa rampogna finale a Travet: il motivo di tutti i suoi guai sono il suo non sapersi imporre sulla moglie bisbetica e spendacciona e il non saper comandare a casa sua. Bisogna anche dire che è l'ammettere questo difetto che gli permette di trovare il bandolo della matassa e di risolvere la situazione. Sarà proprio il suo battere i pugni sul tavolo, dopo aver tanto subito e taciuto per quieto vivere, a risolvere i suoi problemi e a suscitare persino la stima della consorte. Questo messaggio riscatta in parte la "acidità" del film e l'insistente spietatezza del regista.
Comunque Soldati dirige con mano sicura una commedia variegata e veloce, dall'impianto teatrale che però non pesa, proprio perché non lascia un attimo di respiro. Interessante anche il lavoro sulla lingua, tra squarci di dialetto torinese e italiano ottocentesco.
Gli attori sono tutti bravi. Tra di essi si distinguono il già citato Sordi (esperto in personaggi untuosi e arrampicatori), il sempre carismatico Gino Cervi, e lo stesso Carlo Campanini, secondo  me un attore sottostimato e ingiustamente dimenticato. Non è azzardato dire che il suo personaggio di impiegato misero e maltrattato è prototipo del venturo Fantozzi.
Infine: siamo a Torino nel 1860, ma forse che Soldati pensasse all'Italia del presente?

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