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Unknown. Senza identità

Regia di Jaume Collet-Serra vedi scheda film

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La recensione su Unknown. Senza identità

di mc 5
8 stelle

Questo buon thriller, peraltro confezionato con notevole cura, pur potendo contare su una distribuzione capillare, rischia di passare in secondo piano in una settimana dominata dai colossi premiati nel corso della cerimonia degli Oscar che molti di noi hanno seguito. Va anche detto che il film di cui vado a parlare ha avuto recensioni di segno opposto. In molti hanno sottolineato la forte suggestione di tematiche che coniugano la psicanalisi col thriller e con l'action. Ma qualche detrattore lo ha accusato d'essere una sorta di bignamino furbetto che ha malamente copiato qua e là dai classici del genere. Per quanto mi riguarda ho apprezzato la pellicola, forse perchè mi sono lasciato subito coinvolgere dal clima da incubo che si crea fin dalle prime battute, anzi dopo un rapido prologo che accompagna sapientemente lo spettatore in quello che sarà il "teatro" della vicenda. E' uno di quei film capaci di creare, attraverso una serie di dettagli (lo ammetto, non tutti proprio originali), un'atmosfera enigmatica e carica d'ambiguità che seduce lo spettatore e gli impedisce d'annoiarsi, tenendolo in sospeso dall'inizio alla fine. Diciamo dunque che il pubblico non subisce cali di attenzione per almeno due motivi. Intanto per il meccanismo del thriller, legato all'idea tipica del complotto ai danni di un singolo che si trova solo contro tutti e tutto. E poi l'action, qui presente attraverso estenuanti inseguimenti a piedi ma soprattutto diverse corse in macchina assolutamente spettacolari. Impagabile poi è lo sfondo. Una Berlino che seduce per le sue suggestioni oscure. Città gelida (siamo in pieno inverno, c'è neve ovunque), inospitale, minacciosa, sulla quale si estendono ombre lunghe e presagi di morte. Una Berlino che, complici un sapiente commento sonoro e una buona fotografia, è davvero suggestiva come poche altre volte l'abbiamo vista al cinema. Una Berlino indagata in molti suoi angoli, non tutti consueti...la stazione ferroviaria, i locali notturni, gallerie d'arte, i pub gestiti e frequentati da immigrati, umili appartamenti abitati da clandestini, Grand Hotel, antichi palazzoni, autorimesse sopraelevate...E su tutto ciò grava un'aria di minaccia incombente, di pericolo dietro l'angolo. La vicenda è piuttosto complicata, anche perchè implica la sovrapposizione di diverse personalità e il lento riaffiorare di episodi oscuri legati al passato...una di quelle storie dove (come si usa dire) "nulla è ciò che sembra". Insomma, l'aggettivo di riferimento è "intrigante". Posto dunque che la trama non è riassumibile in due righe, possiamo però affrontare la parte più "tranquilla" (apparentemente!), vale a dire il breve prologo, che ci permette di fare conoscenza con una coppia felice di americani in visita di lavoro a Berlino. Lui è uno scienziato che si trova lì per un convegno, accompagnato dalla bella moglie. I due arrivano in taxi in albergo e già da subito qualcosa comincia a non quadrare...ma qui mi fermo, perchè esattamente da questo momento ha inizio il viaggio nell'incubo da parte dello scienziato, il quale piomba in una realtà allucinante, dove non esiste più alcuna certezza e tutto sembra concorrere a farlo impazzire. Ma non siamo solo di fronte ad un evidente sofisticatissimo complotto, c'è molto altro a complicare una già intricatissima vicenda, dai servizi segreti ad una setta nazista e ad altre sorprese che sarà piacevole scoprire per chi vorrà andare al cinema. Realizzare un film come questo, così evidentemente inserito in un filone riconoscibile ("l'intrigo internazionale"), comportava il serio rischio di apparire banalmente derivativo. Il pericolo viene in gran parte dribblato, intanto restituendoci un'immagine di Berlino (come sopra accennavo) insinuante e suggestiva, ma soprattutto attraverso la scelta azzeccata di un cast decisamente all'altezza. E su quest'ultimo mi voglio soffermare. Partiamo proprio dal protagonista, che era quello che mi faceva temere di più. Parliamoci chiaro. Liam Neeson è da un pezzo che non è più quello di un tempo. Sempre più legnoso e svogliato. Personalmente lo ricordo con terrore nei panni del giustiziere fascio-leghista in "Io vi troverò" dove era veramente rincitrullito. E invece, con mia somma sorpresa, ho trovato un Neeson in buona forma, molto aderente al personaggio, molto bravo nell'esprimere quel senso di stupore ed estremo disagio che il ruolo richiedeva. Citazione veloce per la bellissima January Jones che impersona la moglie del protagonista. In forma anche Aidan Quinn, che negli ultimi anni ha parecchio diradato le sue presenze sullo schermo. Segnalazione affettuosa per la magica Diane Kruger che, dopo averla ammirata nei "Bastards" di Tarantino, mi dà sempre più la sensazione di essere (oltre che attrice brava e seducente) anche persona simpatica e spiritosa. Ma adesso, per un amante degli attori come il sottoscritto, viene il momento della goduria. La quale può essere sintetizzata nella sua massima espressione in un preciso fotogramma. Quello in cui due stupendi anziani, due attori superlativi, si danno cordialmente la mano (anche se -per chi ha visto il film- in realtà quel gesto è l'anticamera di una tragedia. Ecco, in quell'immagine io vedo due attori meravigliosi gareggiare in bravura, portando entrambi sulle spalle un carico d'esperienza professionale davvero straordinario. Sto parlando di due Maestri come Bruno Ganz e Frank Langella, qui rispettivamente un ex agente della Stasi che non si è mai rassegnato ai cambiamenti epocali della società tedesca e un oscuro personaggio dal passato inquietante. Vederli recitare è pura Poesia, due attori vecchio stampo come oggi "non ne fanno più". In chiusura, vorrei replicare a quei recensori che accusano questa pellicola di rifare goffamente il verso a due grandi film come "Intrigo internazionale" e "Frantic" senza però esserne all'altezza. Beh, che il regista spagnolo Jaume Collet-Serra si sia ispirato a Hitchcock e Polanski lo capirebbe anche un bambino. Ma il punto è che il regista ha saputo estrarre da quella nobile materia la sintesi del meglio, a livello di ispirazione, e oltretutto questo non è un film pretenzioso o di ambizioni autoriali: si limita ad utilizzare la lezione dei due Maestri sopra citati per confezionare un più che dignitoso prodotto popolare di intrattenimento.
Voto: 8 e 1/2 

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