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Il rito

Regia di Mikael Håfström vedi scheda film

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La recensione su Il rito

di OGM
6 stelle

“La lotta contro il Diavolo, che è la principale missione di San Michele Arcangelo, è combattuta ancora oggi, perché il Diavolo è tuttora  vivente ed attivo nel mondo.” (Papa Giovanni Paolo II)
 
Michael Kovak è un giovane seminarista americano, che vorrebbe abbandonare gli studi teologici per sopraggiunta mancanza di fede. Il suo mentore, però, nel tentativo di recuperarlo alla causa del cattolicesimo, lo invia a Roma, a seguire un corso bimestrale per imparare l’arte di scacciare i demoni e curare gli ossessi. Lì assisterà ai riti compiuti dall’anziano prete padre Lucas (Anthony Hopkins) sulla giovane Rosaria, sedicenne incinta e posseduta da Satana.
 
 
Forse questo film dovrebbe affascinarci perché, come recita la rituale frase d’introduzione, è basato su una storia vera. Ma non sappiamo se questa storia d’esorcismo, ambientata in una Città Eterna a misura di turista straniero, possa davvero fare presa sul pubblico italiano,  già iniziato dalla cronaca nostrana a ben altri misteri racchiusi fra le mura vaticane. Mentre i dialoghi vagamente filosofeggiano sullo scetticismo e sul pericolo a cui si espone chi non crede all’incarnazione del Male, la scena è divisa tra lo spettacolo convulso e rantolante della possessione demoniaca e gli stacchi sui lugubri incubi del protagonista, figlio del titolare di un’agenzia di pompe funebri, e rimasto orfano di madre in tenerissima età. Il film, a onor del vero, è tecnicamente pulito, ed a suo modo sobrio, poiché rinuncia al sensazionalismo del paranormale puntando tutto sulla presentazione ragionata di una spiritualità diversa, sinistra e mortifera, ma non per questo meno radicata nell’animo umano. Tuttavia la dialettica manca di profondità, fermandosi allo scontato dilemma tra interpretazione psichiatrica e religiosa di certe aberranti manifestazioni del corpo e del linguaggio. Approviamo l’assenza delle derive esoteriche, dell’elemento splatter, della mostruosità fisica e, in generale, di tutti quegli orpelli narrativi che, ormai, fanno parte del repertorio parodistico del genere horror. Tuttavia l’altro piatto della bilancia è praticamente vuoto: manca perfino – e ciò sembra innaturale – qualsiasi accenno alla teodicea, al ruolo della volontà divina, alla questione circa la bontà della creazione e all’emendabilità della natura  umana: tutte le problematiche da cui solitamente scaturisce il dubbio, e che sono le tipiche origini dell’agnosticismo, della crisi del credente, della disperazione esistenziale. A venir meno, in sostanza, è la dimensione moderna ed individuale della religiosità, con la sua connotazione critica, che, in questo film, appare invece ridotta ad una questione di sottomissione fideistica  a Dio o a Satana: un approccio medievale, che chiude la storia in un guscio antistorico, isolando di fatto i personaggi dal resto del mondo. 

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