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Amore & altri rimedi

Regia di Edward Zwick vedi scheda film

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La recensione su Amore & altri rimedi

di Spaggy
8 stelle

Stati Uniti, 1996. Jamie, giovane scapestrato dal “pisello vivace” e con poca propensione a studio e lavoro, dopo l’ennesimo licenziamento per essere stato colto sul “coito”, decide di intraprendere la carriera di venditore farmaceutico, sia per provare ad agguantare soldi e fama (come risposta al giovane fratello nerd che è divenuto miliardario dopo l’invenzione di un software medico) sia per rimanere in un settore a lui familiare (il padre è un abile chirurgo).
Dopo un corso di un paio di settimane, viene assunto da un’imponente casa farmaceutica, la Pfizer, il cui obiettivo principale è convincere i medici ad abbandonare l’uso del Prozac in favore dello Zoloft. Jaime sarà affiancato da un tutor, Bruce, che gli impartirà i rudimenti della professione, che si preannuncia da subito più impegnativa del previsto: Trey Hannighan, rappresentante del Prozac, ha invaso il mercato fino a saturarlo grazie anche al sostegno e all’amicizia di medici compiacenti, tra cui lo stralunato dottor Knight.
Ed è nell’ambulatorio del dottor Knight che Jaime incontra Maggie, giovane e bella donna affetta da morbo di Parkinson precoce. Dopo il classico primo scontro, tra i due sarà subito passione, in un turbine di sesso rumoroso e fragoroso, nascosto e fugace, perverso e spinto.
Mentre il rapporto tra i due prenderà pieghe sempre più romantiche, fino a trasformarsi in amore ostacolato dai dubbi, dai timori e dalle paure, la Pfizer durante lo studio della cura dell’angina pectoris scopre casualmente gli effetti benefici sull’erezione prodotti dal citrato di sildenafil. È la nascita del Viagra, pillola blu che porterà benefici (e divertenti effetti collaterali) nella vita e nella carriera di Jaime.


Il film di Zwick, abile mestierante dai risultati alterni, gioca su un sottile filo, in equilibrio tra commedia romantica e dramma sugli effetti della malattia. L’asse della commedia romantica si manifesta nei rapporti che Jaime intrattiene con le donne: le considera come meri oggetti sessuali, aiutato dalla tecnica delle “SCI: solo cortesie iniziali” e dal fisico particolarmente dotato,  il giovane è incapace di creare stretti legami affettivi e di pronunciare il fatidico “ti amo”, figlio degli anni in cui l’espansione economica coincide con l’affermarsi di posizioni egocentriche in cui l’io tralascia il noi. Fino a quando da cacciatore si trasforma in preda, incontrando Maggie, giovane donna senza inibizioni e freni, per cui non esiste il concetto di relazione, il suo motto sembra essere “carpe diem” senza il timore di passare per la “prostituta del XXI secolo”. Maggie è apparentemente una sorta di vedova nera, usa gli uomini compiacenti per riempire il vuoto della sua esistenza, vuoto generato da una malattia che inevitabilmente smorza tutti i sogni della ragazza.


Il rapporto tra i due è inversamente proporzionale alla carriera lavorativa di lui: i due si conoscono nel momento in cui Jaime prova la scalata lavorativa. Appena assunto alla Pfizer, prova a convincere i medici attraverso l’uso di stratagemmi da imbonitore di pentole e materassi: regala piccoli cadeaux alle segretarie per ottenere appuntamenti in cui dispensa campioncini di farmaci, ombrelli e biro promozionali; nasconde i farmaci della concorrenza buttandoli nei contenitori della spazzatura e prende a pugni il diretto concorrente, il rappresentante del Prozac. Eppure è proprio in questa fase che si pongono le basi per la relazione con Maggie: rapporto spensierato fatto di sesso e sorrisi, con problemi lasciati alle spalle e conversazioni tipiche di chi ha voglia di conoscersi. Aria serena, quiete tra le menti e tempesta tra le lenzuola.


Fino alla fatidica notte in cui Jaime non riesce ad avere un’erezione e l’imbarazzo iniziale viene ammortizzato da una conversazione giocata sui doppi sensi legati all’uso di parole “grande”, “duro” e “dimensione”. Notte che cambia l’equilibrio di tutta la storia, in cui i due giovani si scoprono innamorati e per la prima volta riescono a esternare i propri sentimenti… notte a cui seguirà un brusco risveglio: la quiete tra le lenzuola ha portato tempesta tra le menti, soprattutto in quella di Maggie, alle prese con i mille dubbi relativi al suo essere “condannata” dalla malattia che a poco a poco la trasformerà. È la prima rottura tra i due, abilmente superata grazie ad una prova inconsueta del giovane che non esiterà ad attenderla un’intera notte in macchina.


Ma è anche il momento in cui il Viagra viene messo in commercio e il successo del farmaco è immediato. Jaime improvvisamente conosce una fama sul lavoro insperata, si sono ribaltati i ruoli: sono i medici a inseguirlo e a chiedergli prescrizioni e campioncini di Viagra. Un incontro casuale durante una convention genererà in Jamie la voglia di scoprire se esistono cure per il Parkinson e inizia una difficile odissea tra ambulatori, cliniche e pseudosantoni (che quasi promettono anche la “pace nel mondo”), odissea che termina con la seconda rottura tra i due, superata solo dalle prese di consapevolezza di entrambi: l’amore è l’unica droga per guarire o consolare dalle malattie, siano esse di natura caratteriale o fisica.


Poteva essere un dramma pesante e invece la sceneggiatura rende il tutto divertente attraverso l’uso di battute ed espedienti per smorzare la tensione: il sesso diventa argomento principale, sembra ossessionare tutti, più se ne parla e meno se ne fa. Si costruiscono personaggi surreali come ad esempio il dottor Knight, ossessionato più dalle donne che dalle cure mediche, o come il fratello di Jaime, Josh, un nerd ossessionato dal sesso e dalla pornografia tanto da vedere un videoamatoriale del fratello con Maggie per trovare ispirazione ad una prova casalinga e solitaria di Viagra, simbolo dell’eccitazione reale e metafisica di un’intera Nazione. Non si risparmiano colpi bassi come il menage a trois tra Jaime e due donne durante un pigiama party a casa di Knight che per contrappasso produce un esilarante effetto collaterale nel giovane (non si perda la scena in auto in cui il fratello è costretto ad accompagnare Jaime all’ospedale) o il dottor Knight intento in una puntura di testosterone prima di andare ad un congresso medico descritto come un’orgia. Le donne al pari degli uomini vengono dipinte come assatanate di sesso, quasi ninfomani. Il tutto in dialoghi mai volgari nonostante i continui doppi sensi e scene spinte oltre la comune decenza che sfiorano il lirismo erotico (il primo incontro tra le mura domestiche di Maggie e Jaime ha qualcosa che è al contempo selvaggio e poetico).


Esiste anche una sottile vena polemica nei confronti del sistema sanitario americano, dalla prescrizione di farmaci di medici compiacenti con le aziende produttrici al costo dei farmaci per chi non è coperto da assicurazione sanitaria (a tal proposito, si ricorre allo stratagemma dei “viaggi di speranza” di Maggie con degli anziani in Canada, dove i farmaci costano meno), dai benefici degli ansiolitici (si veda il barbone che raccoglie dai contenitori le bottiglie di Prozac di cui si libera Jaime) ai benefici del Viagra (fisici ed economici), all’illusione delle cure mediche alternative. 


E in tutto ciò vi è il delicato modo in cui viene affrontata la malattia di Maggie, su cui lei stessa ironizza senza particolari remore. Emerge una delicatezza posta in secondo piano e che esplode durante un incontro casuale tra la ragazza e un gruppo di malati riuniti in una “controconvention”: la malattia che spaventa lascia il posto alla malattia con cui convivere e ai modi per addomesticarla. Ed è la malattia di Maggie che garantisce il lieto fine alla storia, è lei che con la sua forza plasma Jaime al punto di farlo ritornare sui suoi passi e di fargli prendere consapevolezza sul chi è realmente, sul cosa vuole. Mai un accenno di pietismo o di melassa, semmai una protagonista che si autocompiace ma non si piange addosso.


Il film punta sulla coppia dei protagonisti: Jake Gyllenhaal con la sua interpretazione a tratti sopra le righe, sensuale e involontariamente tragicomica copre ogni altro personaggio in scena, la Hathaway si adatta e sprigiona un sexy appeal mai visto prima mentre i comprimari (da Josh Gad a un redivivo Hank Azaria, passando per la prova di Oliver Platt, talmente sopra le righe nel suo “pussy pussy pussy” da essere subito mito) giocano sul piano della commedia dell’arte, superano gli stereotipi e inventano nuove maschere da barzelletta.


Zwick è abile nel costruire la storia, nel seguirla e perseguirla, nel ricreare l’atmosfera degli Anni Novanta, curando nel dettaglio i particolari: anni di transito tra gli Ottanta e gli Zero, vivono di strane commistioni non solo caratteriali e psicologiche ma anche materiali. Al mangianastri si affiancano i primi telefoni cellulari e i cercapersona sono simbolici dello status lavorativo, le polaroid affiancano i primi videoamatoriali e la ricchezza diventa ostentazione, passando per ville con piscina sospesa inclusa e Porsche che svettano per le superstrade.


Film furbo? Sicuramente ma anche centrato su un’idea che non passerà mai di moda: per superare ogni malattia della mente e della personalità, l’unica droga possibile è l’amore. Non esistono altri rimedi, sono solo effimeri e fugaci, e non spaventano gli effetti collaterali. 

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