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Love Exposure

Regia di Shion Sono vedi scheda film

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La recensione su Love Exposure

di Kurtisonic
10 stelle

Sono Sion irrompe nel supermercato dell'immaginario più sfrenato, afferra cosa lo attrae e lo scaraventa nel suo carrello cinematografico. Alla cassa transita in fretta, ha una carta di credito con i microchip di Abel Ferrara, di Coppola, di Bunuel, di Fellini, e se lo dice lui nelle sue interviste c’è da credergli.  Delirante, eccessivo, poetico, anticonformista, le quattro ore di Love exposure possono contenere ogni definizione e ognuna troverebbe il suo senso compiuto. Mentre negli altri suoi film migliori alla fine emerge sempre il ritratto globale di una società allo sbando, questa volta si dedica a personaggi che diventano riferimenti simbolici di quel quadro familiare assai poco irreprensibile quanto irrimediabilmente malato che anima la vita sociale giapponese. Isolamento, fuga dalla realtà, solitudine e disillusione sono i cardini portanti dei suoi protagonisti. Gesù e la madonna sono   icone pop su comodi scaffali al pari di Kobain o Patty Smith, (lo ha detto in termini positivi anche Jovanotti) ma per Sono Sion il loro messaggio comune comprende la manipolazione, lo sfruttamento, la debolezza e la malvagità con la quale l’uomo si avvia verso l’autodistruzione. Amore, fede e speranza, il film ripete come un mantra la formula della sopravvivenza ma è teso a smontare un pezzo dopo l’altro tutti gli anfratti della società e dell’animo umano  dove questi valori vengono vilipesi e stravolti, sarà solo la ricerca, la consapevolezza, il furore passionale che terranno in vita almeno uno di questi, l’amore, alla faccia di qualsiasi condizionamento materiale o spirituale che il film offre come una delle più interessanti e corrosive alienazioni della confusa mondanità dell’esistenza. Riuscitissimo mix di generi, compresa una colonna sonora a dir poco trascinante, Love exposure  rischia di sembrare un fumettone, un trash movie, un infinito videoclip musicale, passa con disinvoltura dalle arti marziali al melò più sfrenato, dall’horror al dramma psicologico, da momenti thriller fino a sfiorare il ridicolo.. Montaggio nevrotico  e dinamico che dona al racconto provocatorio un ritmo di andirivieni con dettagli che servono a dispiegare le caratteristiche interiori dei personaggi e qualche approfondimento della vicenda per consentirgli una minima stabilità. Non c’è un semplice abbandono ad un’etica nichilista tesa a raccontare semplicemente una storia (anche se L.E. è tratto da una storia vera), è il cammino arduo e insidioso dell’essere vivente alla ricerca di nuovi valori su cui basare un nuovo senso morale. Il giovane Yu idealizza la ragazza dei suoi sogni nella Beata vergine Maria, la riconosce in Yoko che lo rifiuta perché innamorata dello stesso giovane travestito da ragazza sua alleata in uno scontro fisico con dei balordi. Yu è figlio di un vedovo aspirante sacerdote cristiano che lo spinge a peccare per punirlo ed assolverlo. Il ragazzo diventerà un esperto e  abile fotografo di mutandine femminili nascoste da minigonne vertiginose, riuscendo così a confessare qualcosa che sia  degna della considerazione del padre. Quest’ultimo è alle prese con la tentazione di ricostruirsi una famiglia insieme a Kaori donna di facili costumi e madre adottiva di Yoko. Alla situazione è interessata Aya Koike, una enigmatica ragazza ai vertici di una setta religiosa spietata e misteriosa a caccia di nuovi adepti. Attraverso la coazione a ripetere delle pulsioni di vita e di morte, Sono innesca percorsi ideali dei vari personaggi lungo le tre direttrici menzionate: la fede, la speranza e l’amore.  Manco a dirsi, una delle chiavi fondamentali per muovere la stagnazione dei valori e dei sentimenti è la violenza, che esplode feroce, inarrestabile e sempre portatrice di verità e di passione autentica. Il dilemma moralistico se sia giusto o sbagliato Sono Sion lo demanda agli spettatori, è più interessato alla via da percorrere, allo smascheramento dei falsi modelli che la società impone. Mentre le figure di Yu e di Yoko sono abbastanza leggibili, e la loro presenza fisica culminerà in una sequenza straordinaria in riva al mare che finisce con un omaggio citazionista agli amanti uniti dalla fune di Dolls, l’anima oscura, dirompente e metafisica del film  è rappresentata da Koike, la magnetica adescatrice di fedeli alla chiesa Zero. In lei c’è tutto la contraddizione e la disillusione della vita, la coscienza e la crudeltà dei sentimenti, pur impersonificando un essere malvagio sprigiona quel dolente spirito rassegnato dello sguardo ferito e condannato alla vita fino a quando un sentimento più forte possa sovrastarlo e liberarlo. Anche lei in fondo è in cerca di amore ma sa quanto sia vana la sua durata, quanto sia effimera la sua bellezza. Koike simboleggia il vero protagonista del film, il limite  del romanticismo che come un antieroe si oppone alla naturalezza dell’amore fisico, alla purezza dei corpi mascherati dal putridume dei tempi odierni. L’effetto collaterale di questo mastodontico lavoro di quattro ore? Da dipendenza, esige di essere visto e rivisto.     

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