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Love Exposure

Regia di Shion Sono vedi scheda film

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La recensione su Love Exposure

di pazuzu
10 stelle

Yu viene da una famiglia ultracattolica: la madre, devota alla Vergine Maria, è morta quando lui era alle elementari, e nello stesso periodo il padre ha reagito al lutto decidendo di prendere i voti e farsi prete. Passati degli anni durante i quali il padre, devastato dalla storia clandestina con una donna emotivamente instabile di nome Kaori, è divenuto verso di lui via via più pressante, costringendolo a confessioni quotidiane ma mostrandosi distaccato e deluso dalla venialità dei peccati esposti, Yu si sforza di accontentarlo impegnandosi a peccare sul serio: impara quindi a combattere e a taccheggiare, ma la reazione del prete è sempre più fredda e lontana dall'essere paterna. Respinto e frustrato da tanta distanza, azzarda un ulteriore passo in avanti alla ricerca del peccato originale, l'unico in grado di far perdere le staffe al genitore sacerdote: la perversione sessuale. Decide quindi di farsi introdurre, da una sorta di guru, alla nobile arte del kung-fu applicata alla fotografia con lo scopo (molto meno nobile) di immortalare di nascosto le mutandine delle ragazze.
Questa specie di eccentrico e delirante racconto di formazione non è altro che l'incipit di Love Exposure. Il film di Sion Sono è infatti molto di più: è un'esperienza irripetibile, un lavoro indescrivibile che miscela una mezza dozzina di generi senza concedersi pause nell'arco di 237 minuti schizofrenici sorretti egregiamente da una regia ipercinetica ed ispirata, da mille spunti di sceneggiatura (scritta integralmente dallo stesso regista), da un manipolo di attori ben convinti di stare al gioco, e da una colonna sonora che dà letteralmente il passo al film spaziando con disinvoltura dalle bizzarrie del j-pop a Ravel e Beethoven. E se da un lato è prevedibile che la durata spropositata possa esser percepita come una minaccia dagli spettatori meno coraggiosi, dall'altro si può serenamente affermare, col senno di poi, che le 4 ore volano via veloci nonostante l'incredibile densità di eventi, e che anzi, proprio per questo, non sorprendono le dichiarazioni del regista che ne avrebbe volentieri aggiunte un altro paio. Riassumere in maniera lineare la traccia del film è dunque impresa improba, tanto più che lineare talvolta non è neanche il racconto, che al punto di vista di Yu aggiunge e sovrappone quello della coprotagonista Yoko e dell'antagonista Aya, riavvolgendo il nastro più volte su quello che è un po' lo snodo della pellicola, ovvero il primo incontro tra i tre, senza tuttavia mai perdere contatto dai requisiti base dell'intera narrazione: il ritmo e la leggerezza.
Grazie al proprio talento nel rubare istantanee della biancheria indossata delle ragazze, Yu diviene presto un punto di riferimento per il suo gruppo di amici pervertiti, ma quando un giorno, per eccesso di sicurezza, perde una scommessa con uno di loro, riuscito inaspettatamente a produrre uno scatto migliore del suo, è costretto a pagare dazio uscendo in strada vestito da donna con indosso il costume di Sasori (un'eroina dei prison movie giapponesi nota in occidente come Scorpion), finendo per imbattersi fortuitamente in una banda di teppisti che sta importunando Yoko; accorre quindi in soccorso della sconosciuta, e, al termine della colluttazione, ancora mascherato, la bacia: un gesto dovuto, quest'ultimo, necessario per onorare la scommessa fino in fondo, ma soprattutto un gesto del tutto inedito per lui che, a 17 anni, non ha ancora mai avuto pulsioni sessuali: Yu, infatti, ama solo la Vergine Maria, da piccolo ha promesso alla madre che a costei somiglierà la donna che prenderà in sposa, e attende di incontrare la ragazza che, rispondendo a tali requisiti, sarà in grado di procurargli quell'erezione che non ha ancora mai avuto. E quando vede Yoko, Yu vede la Madonna, e il Miracolo si compie: per la prima volta da quando è nato il suo pene manifesta la propria presenza; la Vergine Maria s'è reincarnata in Yoko, ragazza dal passato familiare difficile che odia tutti gli uomini. Tutti tranne Kurt Cobain, che è un figo, e Gesù Cristo, che è ancora più figo di lui. Fuggita alle botte del padre per rifugiarsi dall'instabile Kaori, che nel frattempo ha deciso a sua volta di tornare dal padre di Yu, la Vergine Yoko si ritroverà sotto lo stesso tetto con il ragazzo, di lei follemente innamorato, ignara di avere di fronte a sé la stessa eroina che, dopo averla salvata dai bruti, le ha rubato il cuore con un bacio inducendola a convincersi di essere lesbica. A completare il quadro c'è infine Aya, l'antagonista: lei alle sevizie del padre ha reagito evirandolo nel sonno, ed ora è tra le promotrici più convinte della Chiesa Zero, una setta religiosa che educa i propri adepti all'oblio dei sensi e all'annullamento delle perversioni e del desiderio sessuale; entrata casualmente in contatto con quel bizarro ragazzo che vive per peccare, vede nella sua famiglia disfunzionale una nuova potenziale stirpe di fedeli: decide così di pedinarlo, arrivando ad intromettersi (schierandosi dalla sua parte) nello scontro con i bulli in difesa di Yoko.
Tagliata e rimontata da diverse angolazioni, la scena in questione segna di fatto il ponte tra la prima parte della pellicola, incentrata esclusivamente sulla figura di Yu e sul suo complicato rapporto con il padre, e la seconda, nella quale vengono introdutte le due figure femminili, i punti di vista si moltiplicano e la situazione si complica notevolmente.
Love Exposure
è un oggetto unico, un film stratificato e pieno zeppo di idee, tanto complesso nella trama quanto fruibile e originale nonché singolare nella messinscena, che sorprende a più riprese grazie ad una serie di invenzioni comiche irresistibili e che non spara a salve neanche quando si tratta di mettere sostanza scagliandosi contro istituzioni più o meno consolidate. Così, se da una parte si ride di cuore assistendo all'indottrinamento alla perversione di Yu da parte del maestro di kung-fu, o a tutte le coreografiche scene che lo immortalano mentre, quasi danzando sul Bolero di Ravel, ruba l'intimità a passanti ignare producendosi in pose plastiche ed acrobatiche, dall'altra si registra un attacco impietoso nei confronti dell'istituto familiare, della religione cattolica e dei suoi pericolosi epigoni, che avviene ponendo al centro dell'a(tten)zione il rapporto tra il pensiero religioso stesso e la repressione degli istinti sessuali intesa come forma suprema di controllo delle menti.
Vincitore del Caligari Film Award e del Premio FIPRESCI al Festival di Berlino 2009, e premiato in diversi festival in giro per il mondo, Love Exposure è un film ludico e divertente ma anche lucido e profondo, un (capo)lavoro iperbolico e di mastodontica leggerezza, un'opera unica ed irripetibile che per quello che dice, ma soprattutto per lo stile con cui lo fa, costantemente sopra le righe, sinceramente esibizionista, ma mai semplicemente gratuito, testimonia lo stato di grazia di un regista coraggioso logorroico e sfacciato, che osa senza fermarsi alla mera provocazione, che lancia il sasso senza nascondere la mano, capace di mantenere un ritmo indiavolato per quasi 4 ore e di gestire con estrema naturalezza registri apparentemente antitetici, passando dalla comicità surreale da cartoon al dramma psicologico, dai baci saffici alle arti marziali, dalle citazioni bibliche (declamate sulla Sinfonia No. 7 di Beethoven) alle erezioni mistiche, senza prendersi mai troppo sul serio e, al contempo, restando serissimo e tenendo sempre sott'occhio il bersaglio grosso. Bravi gli attori, e impagabile il protagonista Takahiro Nishijima, già noto in patria come membro della j-pop band AAA. Di livello la colonna sonora, nella quale, oltre ai già citati Ravel e Beethoven, meritano menzione gli Yura Yura Teikoku, dediti al rock psichedelico da oltre 20 anni, che accompagnano i titoli di coda con la loro Kudo Desu. ****½

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