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Tarda estate

Regia di Marco De Angelis, Antonio Di Trapani vedi scheda film

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La recensione su Tarda estate

di OGM
7 stelle

Tornare a casa. Non significa affatto recuperare il passato, rimediare al tempo perduto. Perché ciò che ritroviamo ci è in parte estraneo, essendo cresciuto senza di noi, senza tener conto della nostra esistenza. Kenji, un uomo gravemente ammalato, dopo tanti anni trascorsi in Italia, decide di rivedere la sua patria, il Giappone. Qui, da giovane, aveva lasciato il cuore infranto di una ragazza, Noriko, che ha continuato ad aspettarlo, fino ad ammalarsi. Lei non c’è più, o meglio, si è dissolto il suo corpo, mentre il suo cuore è ancora lì. È un’ombra vivente che si materializza, ai suoi occhi, come un ricordo mai sbiadito, sempre pronto a riattizzare rimorsi e rimpianti. L’uomo potrebbe limitarsi ad osservare, ad ascoltare il racconto di quel fantasma col distacco tipico della sua professione, quella del giornalista, che è abituato a registrare gli eventi senza parteciparvi. La sua missione ufficiale, del resto, dovrebbe essere quella di scrivere un libro sui mutamenti in atto nel suo Paese, che si sta progressivamente allontanando dalla tradizione, per andare incontro ad un incerto concetto di modernità. Ma, una volta sul posto, si rende conto che anche gli adolescenti d’oggi frequentano gli antichi tempi shintoisti: è invece lui a non essere più quello di volta. All’improvviso scopre di non amare più la solitudine, la libertà, mentre, intorno a sé, avverte un vuoto che non sa come colmare. Una leggenda nipponica narra di due amanti, la tessitrice Orihime ed il mandriano Hikoboshi, separati dalla Via Lattea, e condannati a restare divisi, potendosi rivedere una sola volta all’anno, il settimo giorno del settimo mese. Quel giorno ricorre la festa di Tanabata, che celebra la circolarità della vita ed il rinnovarsi della speranza. L’eternità si realizza attraverso la trasformazione: la vicenda di Kenji e Noriko si inserisce nella storia dell’universo, di cui perpetua l’alternarsi di vicinanza e lontananza, secondo una ciclicità che è indifferente al trascorrere delle stagioni, e proseguirà anche dopo la morte. Il viaggio di Kenji lo porta a chiudere un cerchio che, in realtà, non si avvolge perfettamente su se stesso, perché è una traiettoria aperta, che rivolge lo sguardo indietro, verso il punto di partenza, senza però volerlo nuovamente toccare. Continuerà a passarvi accanto, ma andrà sempre e comunque oltre. Noriko diventerà Yuki, e non sarà più l’amante di Kenji. Il loro legame durerà un solo istante, e sarà basato su un sentimento diverso e sconosciuto, ma non per questo meno autentico. Il passato è una certezza che sfugge, che cambia colore, che si riaffaccia alla memoria con sfumature inedite, anticipatrici di una nuova venuta, sotto una veste insospettabile. Il film di Marco De Angelis e Antonio Di Trapani riprende il tema di Voci di rugiada, il loro cortometraggio d’esordio, per calarlo nell’attualità del nostro mondo spezzato tra mille identità, disorientato, aggrappato all’individualismo come fragile rifugio nella tempesta: la memoria è una dimensione trascendente, che travalica le contingenze personali, per fiorire, nel cielo, con la poetica saggezza delle verità intramontabili. 

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