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La congiura della pietra nera

Regia di John Woo, Su Chao-Pin vedi scheda film

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La recensione su La congiura della pietra nera

di FilmTv Rivista
8 stelle

Giunto in Cina dall’India, un Bodhisattva, ossia un essere che si è liberato della sofferenza raggiungendo uno dei dieci stati di illuminazione, esercitandosi giorno e notte al riparo delle montagne Jin Hua, diventa il maestro assoluto del mondo delle arti marziali. Alla sua morte si sparge la voce che colui il quale possiede le spoglie mortali del Bodhi possa a sua volta diventare invincibile e penetrare i segreti dell’immortalità stessa. Ottocento anni dopo, la lotta per i resti mortali del Bodhi è dominata dalla Setta della Pietra Nera. Per recuperare una parte del corpo del Bodhi, la setta massacra la famiglia del ministro Zhang Haiduan. Nel corso della battaglia la spadaccina Drizzle (Kelly Lin) uccide Zhang Renfeng, il figlio del ministro, interpretato dal coreano Jung Woo-sung, ossia il Buono di Il buono il matto il cattivo. Stanca di una vita tormentata dalla violenza, Drizzle decide di sottoporsi a una delicata operazione di chirurgia facciale e assume l’identità di Jing Zeng (Michelle Yeoh). Cao Feng (Wang Xueqi), però, il capo della setta, è sulle sue tracce. Prodotto da John Woo e diretto dal taiwanese Su Chao-bin, La congiura della pietra nera è un melodramma wuxia pian che più che al maestro indiscusso del genere, ossia Zhang Che, sembra guardare a Chor Yuen per il gusto con il quale gioca con gli elementi esoterici del genere. Splendido esempio di contaminazione metatestuale, il film si offre come la parabola ideale tesa fra il western italiano, il wuxia, il modernismo di Tsui Hark e un vagheggiato neoclassicismo. Lo sguardo di Woo si nota nella precisione con la quale i gesti assumono i tratti di riconoscimento definitivo degli spadaccini e nella sovrapposizione con la quale Cao identifica Drizzle nei movimenti di Jing Zeng. Il film, tutto in chiave femminile, restituisce Michelle Yeoh agli splendori marziali di Wing Chun e Butterfly & Sword, mentre il feroce Wang Xueqi riporta alla memoria i classici villain della trilogia dei fantasmi cinesi, dalla sessualità tanto minacciosa quanto indefinita. Magnifico, infine, il confronto finale fra la Yeoh e Jung Woo-sung che cita apertamente Johnny Guitar. A volte al cinema non si può chiedere molto di più.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 31 del 2012

Autore: Giona A. Nazzaro

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