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Amore liquido

Regia di Marco Luca Cattaneo vedi scheda film

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La recensione su Amore liquido

di OGM
7 stelle

Il sottotitolo del saggio del sociologo polacco Zygmunt Bauman a cui il film si ispira è Sulla fragilità dei legami affettivi. L’autore dell’opera, nella premessa, ci spiega che l’eroe protagonista del libro è la relazione umana. I personaggi centrali del libro sono uomini e donne, nostri contemporanei, disperati per il fatto di  essere in balia delle proprie scelte, e di sentirsi facilmente accantonabili, desiderosi della sicurezza derivante dallo stare insieme e di una mano su cui poter contare nei momenti di difficoltà, e così smaniosi di “relazionarsi”; eppure esitanti di fronte alla condizione di “essere in una relazione”e soprattutto di esserlo “per sempre” …

 

Nel film di Marco Luca Cattaneo, l’uomo che vive questo paradosso si chiama Mario. Abita a Bologna, in un  appartamento del centro che divide con l’anziana madre, gravemente ammalata e non più autosufficiente. Di mestiere fa l’operatore ecologico, e lavora di notte, andando in giro a raccogliere i rifiuti ingombranti e a pulire le strade. Non frequenta nessuno, né amici, né donne. A soddisfare i suoi istinti provvede in maniera virtuale, corrispondendo in chat con una sconosciuta e guardando filmetti porno. La sua storia è fatta di una triste routine, del tutto priva di emozioni, se si esclude la rabbia provata talvolta per la situazione della madre, e la piccola soddisfazione di sostare al chiosco delle piadine durante le pause di lavoro. Lì incontra spesso una prostituta, con la quale, tuttavia, scambia solo due parole.

 

 

Del resto, anche i suoi rapporti familiari sono ridotti al minimo, considerata la freddezza da lui mostrata nei confronti della sorella e dei due nipoti. Fino a che, un giorno, durante una delle sue solite passeggiate solitarie attraverso la città deserta, svuotata dalle vacanze estive, non incontra lei, la ragazza bionda con la minigonna, che viene da chissà dove, e chissà dove va. Questa favola di provincia inizia rispettando tutti i canoni del romanticismo, che uniscono caso, bellezza e mistero nell’invincibile stretta dell’amore. Solo che questo non è un capitolo della letteratura ottocentesca. La storia si svolge ai nostri giorni, in mezzo a noi, o meglio, nelle retrovie di un mondo che preferiamo guardare di sfuggita, per non essere costretti a scoprirne i lati più oscuri. La realtà è così così, ma, volendo scavare a fondo nella sua risaputa mediocrità, si rischia di finire dove quest’ultima non è solo superficialmente penosa, perché assume le caratteristiche del guaio, e comincia a fare seriamente male. È qui che si arriva a toccare il dolore di Mario, che, pur imprigionato nella rassicurante regolarità delle sue abitudini, è perennemente inquieto, continuamente in preda all’impulso di evadere, anche se non è in grado di darsi una direzione, perché non ha idea di ciò che vuole.  Vaga senza meta, uscendo di casa o accendendo il computer. Intorno a sé percepisce un universo esteso e dai contorni indefiniti, nel quale il dentro è il piccolo guscio sicuro, benché infelice, delle mura domestiche, mentre il fuori è un vuoto da cui si sente attratto, pur avendone paura. È in quella landa sterminata che Mario non osa cedere alle sue naturali tentazioni;  ciò avviene sempre e solo nel segreto, quando nessuno lo vede. E quando, una buona volta, deciderà di esporsi, non riuscirà a portare a termine la sua impresa. Il decorso della sua breve avventura sentimentale spiega come egli sia, da un lato, troppo debole per non lasciarsi invischiare nelle iniziative altrui, e dall’altro troppo pavido per non cercare di defilarsi, alla prima occasione utile. È incline solo alla stabilità che non lo impegna, che non gli chiede nulla, se non l’indifferente ripetitività di gesti senza conseguenze. Il crescente coinvolgimento previsto da un rapporto affettivo in fieri lo spaventa, soprattutto perché lo costringe a scegliere, a legarsi in via duratura ad una particolare opzione, che lo verrà a cercare ogni giorno, aspettandosi di ricevere sempre di più. A Mario, invece, piace l’anonima istantaneità  di una frase senza voce che compare sullo schermo, o di un’immagine che presenta la carne nell’asettico formato dei pixel digitali. Questo tipo di piacere si usa e si getta, si consuma all’occorrenza, senza implicazioni morali, senza ferire nessuno. E se, ad un certo punto, può sembrare attraente la prospettiva di andare oltre, di superare la finzione in confezione seriale, per provare qualcosa di nuovo ed autentico, bisogna però che la questione rimanga rigorosamente entro i confini del gioco.

 

Amore liquido è la cronaca di un’attesa svogliata, solo blandamente illuminata dal sogno, che disegna i contorni di un’emarginazione stanca di sé, però restia a cambiare. La narrazione si crogiola, insieme a Mario, nella descrizione di una immutabilità in cui ogni futile elemento di rottura apre una momentanea finestra sull’esterno, ma fornisce solo un assaggio visivo di ciò che è destinato a rimare distante, perché é troppo bello per poterlo avere. A circondare quell’apparizione è un alone opaco e viscido, come quello prodotto da un goccia che cade in un fluido oleoso:  sonnolento e indistinto è tutto, perfino l’incubo, che, insicuro e vergognoso com’è, preferisce, anche lui, restarsene tranquillo in disparte, negli angoli ombrosi della banalità.     

 

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